“Vent’anni dopo la Bolognina” presentato a Montecitorio
Martedì 20 ottobre, nella sala del Mappamondo a Montecitorio, Gianfranco Fini, Beppe Pisanu, Lucia Annunziata e Vannnino Chiti hanno presentato il libro di Valdo Spini “Vent’anni dopo la Bolognina” (Rubbettino 2010). Questo il testo della replica di Spini.
Sono molto grato al Presidente della camera, Gianfranco Fini, per questa presentazione. E’ un uomo politico che ha sempre avuto il gusto del dibattito, del confronto, della conoscenza reciproca e lo ha dimostrato anche oggi. Ringrazio gli altri illustri relatori, che mi hanno fatto l’onore di dibattere il mio libro. Sono ringraziamenti non formali ma cementati da una sincera amicizia. Vi è un celebre saggio di Max Weber, La politica come professione, in cui l’affermazione della figura del politico è vista come legata all’affermarsi dello stato moderno. Per la verità, la sua parola originaria tedesca, Beruf significa sia professione sia vocazione. E così la considero . Per questo ho scritto un libro tutto politico. Un libro in controtendenza: non vi troverete quel mix di vicende esistenziali e personali che caratterizza molti dei contributi dei politici contemporanei. No, qui non c’è “l’incontro che ha cambiato la mia vita” o cose del genere, ma c’è un’analisi delle trasformazioni politiche affrontate in questo ventennio, in particolare dai partiti della sinistra. Lo vedrete in quel caleidoscopio di nomi e di sigle che trovate nell’appendice del libro. Vi è un secondo motivo per cui il libro è in controtendenza: vi è un’abbondante letteratura intorno al perché e al come Silvio Berlusconi si sia affermato dal ’94 ad oggi (con le due parentesi di Romano Prodi) grazie alla sua potenza mediatica e alla sua grande forza finanziaria e per la mancata risoluzione del problema del conflitto di interessi. Ho dato per scontata la conoscenza di questi fatti e mi sono domandato se e in che misura questo successo non fosse dovuto anche a errori compiuti dalla sinistra democratica e riformista, quella in cui mi sono sempre riconosciuto. Riconoscere gli errori non è opera semplicemente di analisi storica: costituisce di per sé un fatto politico. Significa, nel nostro caso, che il passaggio dalla prima alla seconda repubblica avrebbe dovuto vedere come protagoniste forze politiche con identità forti e chiare, aldilà dei tatticismi o delle esigenze di alleanze. E questo era in particolare vero per la sinistra e per il centro sinistra in generale. Il quinquennio 1996-2001 in cui il centro-sinistra espresse tre presidenti del consiglio e un candidato, credo che sia un chiaro esempio di come le oscillazioni politiche ed ideali si traducono in pericolose oscillazioni politico-istituzionali tout court. Detto questo, il libro non è rivolto al passato, bensì proiettato al presente e al futuro. Certo, “vent’anni…” da implicitamente conto anche di una vicenda personale, cioè dello sforzo e delle energie che ho dispiegato per cercare di contribuire a fare, sulle rovine della caduta del muro di Berlino, un grande partito del socialismo europeo in Italia. Un’opera che, per le vicende storiche della fine del Psi, che tutti ben conosciamo, (descritte in un altro libro, Compagni siete riabilitati. Il grano e il loglio dell’esperienza socialista) avrebbe dovuto poggiare sulle spalle in particolare della parte dell’ex Pci che aveva fatto la scelta riformista. In quel senso il libro è senza dubbio molto critico. E tuttavia l’annuncio che il leader della socialdemocrazia tedesca, Sigmar Gabriel, parlerà alla manifestazione del Pd del 5 novembre, forse dimostra che la mia battaglia non è stata infondata. Del resto è in quel campo che sta la potenziale alternativa al centro-destra. Pensiamo con quanta insistenza al momento della nascita del Pd, ci è stato proposto François Bayrou come la chiave per battere il centro destra in Francia e di come di tutto ciò oggi non si parli più. Spero proprio di potere su questo intraprendere un dialogo con gli esponenti democratici provenienti dalla sinistra cattolica che sono stati fin qui contrari alla partecipazione a pieno titolo al socialismo europeo. Aldilà però del problema delle identità e delle scelte del centrosinistra e della sinistra, vi è un problema più generale della crisi del nostro sistema politico attuale. Ci sono stati nella prima repubblica gravissimi difetti. Ma erano presenti anche degli aspetti positivi, almeno in alcune aree di essa: esigenze di qualificazione dell’azione politica in termini di ideali, di principi e di valori. (Questo mi portò a porre la questione morale già nell’84, ben prima di tangentopoli e di Di Pietro). Stimolo alla professionalità e alla preparazione (anche chi non aveva una sua propria cultura, cercava di farsela, specie se veniva dal mondo del lavoro). E la presenza di un riformismo concreto, realizzatore, quello del miglior periodo socialista, quello cui ho cercato di ispirarmi personalmente, per esempio nell’azione parlamentare nel campo della difesa o nell’azione ministeriale nel campo dell’ambiente. Riproporre oggi questi principi e questi valori nell’attuale crisi mi sembra molto importante. Fa parte di un necessario rilancio del prestigio della politica. Naturalmente nel fare i conti con la crisi che stiamo attraversando: è lì che si misura la ripresa o l’ulteriore declino della politica in senso lato. Oggi tutti si chiedono come uscire dall’impasse in cui ci troviamo. Non so se posso azzardare una proposta: tutte le forze di opposizione parlamentare, sia quelle di centrosinistra che quelle di centro dovrebbero presentare una sorta di mozione di sfiducia costruttiva, cioè in altre parole richiedere firme su una mozione che indichi un possibile candidato premier, scelto in modo che sia autorevole e che possa avere consensi aldilà delle opposizioni stesse in modo da determinare un fatto nuovo. Non so se vi sembra convincente o realistica, ma permettetemi di aggiungerla a quelle oggi sul tappeto. Infine, il mio contributo ha di mira il Pd: saggio ricercare alleanze, ma se il Pd non esce dal suo stallo queste non saranno sufficientemente forti. Un forte Pd in una forte alleanza, sarebbe il mio slogan. Sarà disposto il Pd ad aprirsi rispetto a tutta quell’area che non ha ritenuto la sua nascita un elemento sufficientemente convincente per aderirvi? L’augurio del mio libro è che lo faccia.