VALDO SPINI RELAZIONE ALLA CONFERENZA AICI
VALDO SPINI
RELAZIONE ALLA CONFERENZA AICI
PARMA 29/XI/2021
1) La conferenza di Parma nell’attività dell’Aici
Da quando ho assunto la Presidenza dell’Associazione delle Istituzioni Culturali Italiane abbiamo svolto ogni anno delle conferenze nazionali articolate su un programma di tre giorni, che sono state localizzate in modo da alternare sistematicamente Nord, Sud e Centro, proprio per coinvolgere le varie articolazioni del territorio nazionale. Abbiamo iniziato da Torino (2014) per spostarci poi in Puglia a Conversano nel 2015, quindi a Lucca nel 2016, a Trieste nel 2017, a Ravello nel 2018 e a Firenze nel 2019, quest’ultima con la partecipazione dell’ex presidente della Repubblica Francese François Hollande e del ministro della Cultura Dario Franceschini. L’epidemia del Covid ci ha impedito di continuare questa serie di conferenze ampie e partecipate su più giornate, ma non ci siamo arresi. Abbiamo svolto a Milano il 5 ottobre 2020 l’incontro, peraltro di successo, “Riparti Italia Riparti Cultura” quando la Lombardia era la regione più colpita dalla pandemia, e oggi in questo 2021 in cui la pandemia non è ancora domata, ci troviamo a Parma, capitale italiana della cultura, per i lavori della conferenza “Le Regioni, gli istituti di cultura e le politiche culturali del territorio nel quadro del PNRR”. Non abbiamo quindi saltato nessun anno!
Nel frattempo, il numero dei nostri soci (Fondazioni e Istituti) è arrivato a 139. Vista e considerata la griglia, non facile, dei criteri di ammissione (in particolare la disponibilità di un vero e proprio patrimonio culturale,) nonché il carattere del tutto volontario della nostra associazione, credo che questo dato esprima meglio di ogni altra parola la volontà delle Fondazioni e degli Istituti Culturali di mettersi in rete e di manifestare la loro apertura verso il contributo che tutti insieme possiamo recare alla cultura e alla vita sociale dell’Italia. Vorrei anche sottolineare che, per quanto riguarda in particolare gli Istituti di cultura politica, la nostra associazione vede l’attiva presenza di istituzioni riconducibili a tutto l’arco politico-parlamentare
Oggi questa realtà si mette e disposizione del nostro paese proprio per la ripartenza e la resilienza dell’Italia, ancora alle prese con la pandemia del Covid19.
Quello che intendiamo fare a Parma è allargare il dialogo che abbiamo stabilito con il governo nazionale anche alle Regioni, consapevoli come siamo che la loro politica culturale, naturalmente del tutto autonoma, pesa e in modo consistente sulla politica culturale nazionale e così quella dei comuni italiani, soprattutto quando parliamo di territorio, in altre parole di interventi per una cultura diffusa e condivisa.
2) Fondazioni e Istituti culturali nell’epoca del Covid
Non possiamo cominciare i nostri lavori senza inviare un messaggio di apprezzamento e di solidarietà a tutti quanti nel nostro paese si stanno battendo contro la pandemia nel campo della sanità e dell’assistenza e per la sua ripresa economica nel mondo del lavoro e della produzione. Così per quanti operano e lavorano nel campo delle attività culturali, duramente colpiti nei periodi delle chiusure e dei lockdown. Insomma, a tutti quelli che hanno concorso a far emergere in questo difficile momento una vera e propria comunità nazionale.
Noi rappresentiamo quello che lo stesso ministro Franceschini, in un suo comunicato dell’ottobre 2020 ha definito “un patrimonio enorme di memoria, storia, conoscenza, archivi, documentazione”. Ebbene, non ci siamo fermati né durante il lock down né dopo il lock down, consapevoli come siamo che la nostra azione e le nostre iniziative rappresentano un contributo importante all’identità nazionale e alla coesione del nostro paese.
Tra sanificazione dei libri delle nostre biblioteche, regolamentazione degli accessi, distanziamenti e quant’altro, le Fondazioni e gli Istituti Culturali italiani hanno continuato e continuano la loro attività nonostante che alle nostre sale non sia stata estesa la nuova disciplina delle aperture che riguarda cinema e teatri. Lo abbiamo fatto facendo massicciamente ricorso ai nuovi strumenti della tecnologia informatica. Il webinar ha sostituito la conferenza, senza l’empatia che la conferenza stessa produce tra i presenti, ma con nuove, più ampie possibilità di partecipazione anche a distanza.
Una cosa è comunque chiara ed è che queste nuove modalità, insieme alle penalizzazioni che comportano, obbligano però alla ricerca sia di un incremento di qualità dei nostri prodotti, cioè del contenuto dei nostri webinar, sia di un aumento del pubblico coinvolto nei collegamenti telematici che attiviamo. Su questo piano non si tornerà più indietro. Un tempo una conferenza era considerata di successo se coinvolgeva un numero di persone sul centinaio, ma anche meno magari un buon numero di decine, oggi se non si coinvolge un numero molto importante di persone in remoto o con i social non si ritiene di avere avuto un successo. Ecco perché con ogni probabilità forme miste presenza/remoto sono destinate a continuare anche dopo l’emergenza.
È lecito quindi affermare che questi due difficili anni hanno rafforzato la nostra disponibilità verso la coesione associativa: uscire dall’autoreferenzialità e mettersi in rete e la volontà comune di chi fa parte dell’Aici.
Possiamo ascrivere anche all’ azione che abbiamo compiuto per presentare al paese la nostra realtà e le sue iniziative, il fatto che sul piano dei contributi complessivi agli istituti culturali si sia potuto registrare con soddisfazione quell’aumento di 17 milioni di euro che ha portato alla cifra di 50 milioni di euro nella manovra di bilancio del 2020. Ne diamo volentieri atto al ministro Dario Franceschini. Con questa decisione, non solo si è interrotto quel processo di drastica diminuzione dei fondi contro cui eravamo insorti nel 2014, ma si è avviato un circuito virtuoso di aumento. Con una nota del 28 ottobre u.s. sempre il ministro Franceschini annuncia un ulteriore incremento di 20 milioni per il 2022 sull’attuale legge di bilancio il che porterà a un intervento complessivo di 70 milioni annui.
La nota negativa riguarda invece il ritardo di alcuni mesi con i quali quest’anno i contributi stessi sono stati materialmente corrisposti, a motivo della riorganizzazione interna al Ministero stesso. Naturalmente c’è anche chi si è sentito penalizzato dalle scelte fatte dalle commissioni competenti e questo ci richiama alla necessità di contribuire ad una verifica dei criteri con i quali questi contributi vengono assegnati.
Ma il richiamo ai tempi è importantissimo. Mentre la corresponsione di un contributo statale o regionale ritarda, non per questo le fondazioni e gli istituti non devono pagare lo stesso stipendi, affitti, bollette, insomma le spese vive e magari quindi essere costrette ad utilizzare la cassa integrazione. Ci auguriamo quindi che nel 2022 la corresponsione possa essere riportata ai tempi precedenti, cioè ai primi mesi dell’annualità presa in considerazione.
3) La cultura possibile volano di ripresa
La cultura è quindi il veicolo di quella comunicazione e di quella identità che in un momento particolarmente difficile sono il presupposto essenziale per ogni azione di ripresa e di resilienza. Tutto questo viene talvolta interpretato, con intenzioni benevole naturalmente, con la frase: “ah sì la cultura è molto utile allo sviluppo del turismo”, magari ricorrendo al parallelo tra i beni culturali di cui è così dotato il nostro territorio nazionale e il petrolio che fa la ricchezza dei paesi che lo detengono.
La prima risposta è che la cultura è importante in sé e per sé per il progresso civile e sociale, aldilà dei suoi immediati esiti economici. È un assunto che dovrebbe essere ormai fatto proprio da tutti dopo la sconfitta subita nell’opinione pubblica dalla frettolosa affermazione di alcuni anni addietro: “con la cultura non si mangia”, a cui contrapponemmo volentieri lo slogan. “la cultura si mangia e ha anche un buon sapore”.
Naturalmente è altresì evidente che la presenza dei beni culturali aiuta e stimola il turismo e con questo la nostra economia. Ma ci sono due modi di intendere questo concetto. Uno è quello del flusso del turismo per vedere i beni culturali preziosi che già ci sono. L’altro è la capacità di unirvi l’attrazione verso la cultura che si produce in questi luoghi e che li fa vivere. È evidente che nell’un caso a volte siamo travolti dal “mordi e fuggi” e che nell’altro caso si può sviluppare anche un altro tipo di turismo culturale, sia nel senso della permanenza che nel senso dell’interazione con le nostre comunità. È quanto ha illustrato molto bene Paolo Baratta nel suo recentissimo libro sulla sua esperienza alla Biennale di Venezia e sul rapporto tra l’attività dell’istituzione che presiedeva e la realtà storico-artistica di una città come Venezia.
In tal senso sviluppare le attività artistiche e culturali fa parte di una strategia di transizione ecologica e riequilibrio territoriale sia rispetto alla vita delle città storiche sia rispetto ai borghi storici che sono rimasti emarginati dallo sviluppo economico e sociale.
4) Istituti culturali, Fondazioni e Pnrr. Le iniziative dell’Aici.
Oggi ci troviamo all’inizio dell’azione del Pnrr, cioè a quel Piano nazionale di ripresa e di resilienza 2021-2026 che è stato predisposto dal governo italiano guidato da Mario Draghi per usufruire di quella quota di 191 miliardi che è riservata all’Italia, la più alta di tutti i paesi dell’Unione Europea.
Fondamentale è l’impulso che ne può venire a tutte le attività artistiche e culturali.
Vogliamo anche noi, come Fondazioni e Istituti Culturali contribuire al successo del Pnrr, occasione irripetibile per il nostro paese.
Il 20 Maggio di quest’anno abbiamo presentato al governo un:
Progetto per il cofinanziamento di 250 assegni di ricerca post dottorato da utilizzare presso gli istituti di cultura
Il progetto per 250 assegni di ricerca da fruire (in via prevalente o esclusiva) presso gli istituti di cultura riconosciuti dal MiC si propone di attivare percorsi di alta formazione tramite la ricerca nonché a promuoverne lo sviluppo presso gli istituti di cultura stessi, in collaborazione con le Università, con altri enti di ricerca pubblici o privati e con altri soggetti della filiera culturale e creativa, con il fine di qualificare i profili professionali e favorire l’occupabilità di ricercatrici e ricercatori nei diversi ambiti disciplinari.
A questo scopo, si prevede un sistema di cofinanziamento di assegni di ricerca biennali (disciplinati dall’art. 22 della legge 30 dicembre 2010, n. 240) in favore di studiose e studiosi in possesso del titolo di dottore di ricerca o di titoli, anche conseguiti all’estero, riconosciuti equivalenti dall’ordinamento. La spesa a carico dello Stato sarebbe pari a circa 10 milioni di euro circa.
Utilizzeremmo queste risorse per concorre alla formazione di nuove leve che concorrano a ringiovanire le nostre istituzioni.
Su questo progetto attendiamo una risposta dal governo e in particolare dai ministeri competenti.
Si tratta dell’esplicazione di uno dei punti indicati in una lettera precedentemente inviata (Marzo 2021) come Aici al presidente del consiglio e ai ministri competenti proprio per formulare una proposta complessi va della nostra associazione.
In questa lettera avevamo indicato altri punti molto qualificanti ed attuali:
Didattica
Le fondazioni e gli istituti di cultura si impegnano a supportare il sistema della formazione, a tutti i livelli per superare i gravi deficit formativi che si sono accumulati in oltre un anno di Dad partecipando al necessario sforzo “corale” per recuperare standard di apprendimento più elevati,
Possiamo collaborare con i Ministri dell’Università e dell’Istruzione e con il Ministero della cultura per significare che biblioteche, personale e strutture sono a disposizione per sorreggere la didattica e incrementare le fonti di documentazione per le ricerche degli studenti, in presenza o in remoto secondo accordi che potranno essere convenuti sia a livello nazionale che a livello locale.
Alcuni dei nostri soci del resto già lo fanno con ottimi risultati.
Il ministro della Pubblica Istruzione, Patrizio Bianchi mi ha chiamato, scusandosi che la sua presenza richiesta oggi a Bruxelles non gli consentiva di essere presente se non attraverso un video messaggio. Gli ho prospettato l’idea di un accordo quadro col suo ministero, con quello dell’Università e della ricerca e naturalmente della Cultura, per rendere organico quello che già alcuni nostri associati stanno facendo in questo campo con grande impegno.
Digitalizzazione.
Intenzionati a promuovere l’organica digitalizzazione dei nostri patrimoni culturali, chiediamo al Ministero della Cultura una parola chiara sul nostro coinvolgimento di Fondazioni e istituti culturali privati nei piani di digitalizzazione dei patrimoni culturali che verranno messi in essere.
In particolare, sottolineiamo la possibilità che il nostro personale possa adire ai momenti di formazione pubblica in tale direzione e simmetricamente siamo disponibili ad ospitare momenti di formazione alla digitalizzazione. Questo sia in collaborazione delle iniziative del Ministero della Cultura, nostro naturale referente, sia in collaborazione col Ministero per l ’innovazione tecnologica e la transizione digitale.
Siamo molto contenti di potere confrontarci in questa sede con il prof. Lorenzo Casini che proprio del Pnrr si occupa in seno al Ministero dei Beni Culturali
Sull’insieme di tutti questi argomenti sottoporremo all’attenzione della Conferenza la proposta di una “Carta di Parma” a somiglianza con quella che facemmo con successo a Ravello nel 2018.
4 Il ruolo delle Regioni
Il dialogo con le Regioni è un po’ il fatto nuovo di questa Assemblea. Ringraziamo per la sua partecipazione la coordinatrice della commissione cultura della conferenza stato—regioni, Ilaria Cavo assessore della regione Liguria e gli assessori regionali dell’Emilia-Romagna (regione ospitante) Mauro Felicori e della Campania, Felice Casucci.
Se noi sommiamo una sull’altra la spesa per la cultura delle regioni ci accorgiamo che è una cifra realmente consistente. Naturalmente ciascuna delle regioni se la amministra in piena autonomia ma anche avere una visione di insieme della nostra attività di Fondazioni e Istituti culturali mi sembra utile
Vogliamo dialogare sul territorio con le regioni e. laddove le presente delle istituzioni dell’Aici sono più forti, incoraggiare a incontri e riunioni regionali dell’Aici per un’effettiva collaborazione. Sappiamo che nel Pnrr c’è una riserva del 40% delle risorse destinate al Mezzogiorno, il che vorrebbe dire una cifra di circa ottanta miliardi. Avremo nel corso dei nostri lavori importanti interventi su questo argomento. Il riequilibrio territoriale anche nel campo della cultura deve essere uno dei fini che il Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza si deve proporre e anche qui siamo a disposizione per quanto ci compete e ci è possibile, per dare una mano.
Pensiamo all’importanza dei fondi della cultura per rianimare i borghi storici. Un obiettivo per cui il Pnrr stanzia risorse e che potrebbe contrastare quella tendenza allo spopolamento che impedisce la valorizzazione e lo sviluppo dei loro beni culturali.
5 Che cos’è la cultura. Contro la cultura della violenza, per la cultura del dialogo.
Secondo Edgar Morin è “l’insieme di abitudini, costumi, pratiche, …saperi, regole…valori, miti che si perpetua di generazione in generazione”.
In tal senso è qualcosa di fondamentale in qualsiasi comunità, tanto più nella comunità della nostra nazione italiana come contributo fondamentale di identità e di coesione.
I nostri comportamenti sociali ma anche quelli personali, sono il frutto di stratificazioni culturali recenti certo, ma spesso con radici che risalgono indietro, e molto indietro, nel tempo.
Dobbiamo in questo senso levare un grido di allarme sulla diffusione della violenza,
riscontrabile in tanti comportamenti di questo periodo storico, certamente anche per la compressione della vita sociale dovuta all’epidemia del covid 19. Recentemente Marco Revelli ha affermato: a proposito del conflitto in atto con la minoranza no vax: ci si trova di fronte a “un conflitto asimmetrico e non previsto….ci siamo trovati esposti a una tempesta di natura biologica che tocca i nervi più scoperti la vita , la sopravvivenza, le paure più ataviche.” Ne conclude Revelli che questo è un conflitto non facilmente mediabile. Aggiungiamo noi che occorrerà proprio un grande sforzo culturale per affrontarlo e superarlo.
Ma guardiamo anche al terribile fenomeno della violenza sulle donne, che vede protagonisti uomini che talvolta si tolgono la vita o che sanno di rischiare il carcere o che estendono questa violenza anche ai figli. In certi casi, per le donne ci si trova di fronte a casi di vera e propria morte annunciata. Chiediamo un’efficace prevenzione e una adeguata repressione, ma non c’è dubbio che ci si trovi di fronte ad aree di deficit culturali impressionanti.
Il ruolo della cultura nella convivenza civile di una società democratica è fondamentale. È alla fine questo il motivo che ci accomuna tutti, nei vari filoni di ricerca che rappresentiamo ma anche nelle varie culture politiche che sono rappresentate all’interno della nostra associazione.
Non viviamo in una torre d’avorio, ma siamo pienamente partecipi della società in cui ci troviamo e che vogliamo, a seconda dei nostri particolari punti di vista, rendere migliore.
Per questo siamo qui, in una città come Parma dalle grandi tradizioni culturali, non solo nella musica che sono a dimensione mondiale (tra i nostri soci c’è l’Istituto Nazionale di Studi Verdiani), ma nelle arti in genere e nella letteratura: Si è detto talvolta. Parma è una piccola capitale, perché piccolo era il suo stato. Ma Parma è una vera capitale, si è meritata il titolo di capitale della cultura italiana ed è da qui che cerchiamo lo slancio per una nuova fase della nostra attività per concorrere a quel “riarmo culturale” che riteniamo necessario e positivo per l’Italia. No alla cultura della violenza, si alla cultura del dialogo.