Intervento nel dibattito sul Ministero della cultura
Nella sua qualità di presidente dell’Aici (Associazione delle Istituzioni Culturali Italiane), Valdo Spini ha inviato al “Corriere della sera>” questo intervento nel dibattito sul Ministero della cultura:
Non è questione di nome ma di sostanza
Valdo Spini – Presidente AICI
In questi anni il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (MIBAC) è stato lasciato deperire e ha visto una tremenda diminuzione di fondi che ne ha messo in crisi la possibilità di tutelare e di restaurare i beni culturali ad esso affidati nonché, con il blocco del turnover, la stessa possibilità di provvedere al trasferimento dei saperi negli istituti di restauro, nelle biblioteche e negli archivi. Più in generale la frase “Con la cultura non si mangia” ha sintetizzato un disprezzo per la mission del ministero contro il quale peraltro si è verificata una grande mobilitazione di ambienti e di forze culturali e non, manifestatasi ad esempio negli “Stati Generali della Cultura” cui ha partecipato lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Ci si aspetta dalla nuova legislatura, dal nuovo governo un’inversione di tendenza sostanziale, sia nelle risorse sia nel peso che la politica culturale deve avere nella politica più generale del paese. Benvenuto quindi ogni dibattito in proposito. Quello che non vorrei è che si aprisse un dibattito semantico su un “Nuovo” (ulteriore?) ministero e sul suo nome e che questo costituisse, aldilà delle buone intenzioni, un diversivo rispetto alle scelte concrete da fare.
Nel 1959 in Francia, il presidente Charles De Gaulle affidò ad Andrè Malraux un ministero chiamato degli “Affaires Culturelles”. Nel 1998 (lo ha ricordato Walter Veltroni) è stato introdotto in Italia nel nome del Ministero dei Beni Culturali anche la specificazione delle Attività Culturali. Non mi sembra che siamo lontani da quel nome francese che certo si è proposto di valorizzare la cultura di quel paese, così come noi dobbiamo valorizzare la cultura italiana. Mi sembra quindi che il tema sia di sostanza e non di forma. Il problema è se si crede o meno nel fatto che la cultura in un paese come l’Italia sia un vettore di crescita civile, sociale ed economica. Noi lo crediamo, ed è su questo problema di sostanza che si deve sviluppare il dibattito.
E’ vero che nel frattempo il nome del dicastero francese, che con François Mitterrand Presidente fu guidato con un’altra felice accoppiata, da Jack Lang ministro, è mutato: si chiama della “Culture et de la Communication.” C’ è, al suo interno, una divisione incaricata dei media, anche se, come in Italia, la televisione pubblica è gestita da una società autonoma. E qui sta l’elemento di potenziale crescita di un Ministero della Cultura che sia dotato di reali braccia operative.
Credo ci si possa richiamare a questo esempio nel dire che il “nuovo” Ministero per i Beni e le Attività Culturali deve saper estendere la sua attività ai mezzi più moderni con i quali la cultura viene oggi trasmessa in particolare alle giovani generazioni. Certamente deve interessarsi alla televisione, ma non solo, alla digitalizzazione dei beni e alla diffusione mediante l’informatica con mezzi e strumenti adeguati. Non basta difendere con le unghie e con i denti quanto si ha, ma occorre investire in innovazione e modernizzazione. Cambiare quindi marcia al motore senza fermarlo. Questo deve essere l’obiettivo di una rifondazione non di facciata del Ministero.
Valdo Spini
Presidente Nazionale dell’Assocoazione Istituzioni Culturali Italiane (AICI)