Roma, 5 dicembre 2011 – Al Congresso del Siulp
Valdo Spini ha svolto questo intervento al Congresso Nazionale del Siulp, il 5 dicembre 2011. Sono stato eletto deputato per la prima volta a 33 anni nel 1979. L’approvazione della legge n.121 del 1981 è stata quindi tra gli atti fondamentali di quella legislatura e la ricordo in tutta la sua importanza e significato. Ho la memoria visiva del Ministro dell’Interno di allora, l’on. Virginio Rognoni, che faceva la spola tra il banco del governo e gli scranni dei parlamentari più impegnati nell’esame del provvedimento, per superare le ultime difficoltà e condurre la legge all’approvazione. Ma prima ancora di entrare in Parlamento, nella mia qualità di consigliere comunale di Firenze e di dirigente della federazione fiorentina del Psi avevo partecipato a quelle riunioni, prima molto “carbonare” poi sempre meno tali, in cui i poliziotti stessi chiedevano la riforma. Le ricordo con commozione perché si sentiva fortemente l’emozione che questi provavano nello stabilire un ponte con quel mondo del sindacato da cui si erano fino allora sentiti sempre esclusi e separati. Sì quella era una politica che aveva naturalmente molte manchevolezze, ma che le riforme le faceva, superando anche forti resistenze. L’on. Cossiga, il predecessore di Rognoni e poi presidente della Repubblica, ha più volte testimoniato che lo stesso compianto on. Aldo Moro non era convinto della Riforma e la giudicava un salto nel buio. Oggi tante cose sono cambiate. Pensate al tema delle donne. Ho l’onore di essere stato il primo firmatario della legge che ammetteva le donne su base volontaria nelle forze armate e, di conseguenza, anche nell’Arma dei Carabinieri. Ma vorrei sottolineare In particolare che il tema della sicurezza si è spostato dallo scontro di classe che lo faceva apprezzare sopratutto dai ceti più abbienti, alla sensibilità dei ceti popolari, i più danneggiati in effetti da un attacco criminale ai loro beni e alle loro proprietà. Ma i valori che ispirarono quella legge sono tuttora attuali e devono ispirare la nostra azione anche oggi. Come ha detto monto bene il vostro segretario nazionale Romano, il diritto alla sicurezza si è affermato come uno dei diritti prioritari che lo stato deve assicurare alle sue cittadine e ai suoi cittadini. Nel paese europeo che ahimè si distingue dagli altri per l’esistenza di mafia, camorra e ndrangheta, il tema della legalità e della sicurezza è tutt’uno con quello dello sviluppo economico e sociale. Per svolgere bene il lavoro di polizia occorrono almeno tre requisiti: -un personale ben addestrato e motivato. Ecco perché le vostre richieste devono essere prese in attenta e positiva considerazione dal nuovo governo. -il consenso popolare. Un conto è eseguire un arresto tra gli applausi un conto è vedersi rovesciare la camionetta. Sono due situazioni limite, ma a volte si sono verificate. Ecco perché non vi deve essere separatezza ma un rapporto di fiducia tra popolazione e forze dell’ordine; -la superiorità di mezzi finanziari e tecnologici rispetto alla criminalità, in particolare rispetto a quella organizzata. Ecco perché i tagli alla sicurezza sono controproducenti per il paese. E infine. Considero una delle “medaglie” più significative della mia lunga milizia politica e istituzionale, il fatto che l’attuale direttore del quotidiano “La Stampa”, Mario Calabresi, mi collocò nel suo libro Spingendo la notte più in là, tra i pochi politici che si erano occupati dei coniugi e dei figli delle vittime del terrorismo. Ma non fu merito mio: devo questa sensibilizzazione a una mia concittadina, Mariella Magi, rimasta vedova del giovanissimo agente Fausto Dionisi, ucciso quando lei era ancora in cinta di sua figlia. A lei e a tutte le famiglie dei caduti per servizio dedico questo intervento.