No all’antipolitica, sì alla riforma dei partiti
“Il governo dei tecnici non deve fare dell’antipolitica, i partiti devono però riformarsi nel profondo”. Questa l’indicazione di Valdo Spini, intervenendo il 29 marzo nel dibattito organizzato dalla Fondazione Circolo Fratelli Rosselli, dall’associazione “Politica e Società” e dalla Fondazione La Pira presso lo Spazio QCR di via degli Alfani, cui hanno partecipato anche il vicepresidente del Senato Vannino Chiti e l’ex-Sindaco di Firenze Mario Primicerio. Valdo Spini ha ricordato di avere presentato, nel corso della sua vita parlamentare, ben otto volte progetti di legge per applicare l’art. 49 della Costituzione sulle garanzie dell’ordinamento interno dei partiti e per deferire a un’autorità indipendente il controllo delle loro finanze. ”Anche in relazione alla vicenda Lusi, chiedo con forza – ha sottolineato Spini – l’approvazione in tempi “montiani” di un provvedimento di legge per restituire alla loro funzione vera quelli che sono stati definiti i “rimborsi elettorali” e per l’applicazione dell’art. 49 sulle garanzie di democraticità e di legalità della vita interna dei partiti. Sarebbe un immediato segnale di buona volontà”. Quanto all’accordo sul sistema elettorale intervenuto nel recente incontro tra i segretari dei maggiori partiti, quello che è chiamato l’incontro ABC (Alfano, Bersani, Casini) Spini ha detto che “modificare il porcellum è una necessità assoluta, e di sperare che i dettagli del progetto stesso siano coerenti con la necessità di ridare un vero potere agli elettori. Dico peraltro con franchezza che sarebbe preferibile un sistema elettorale, netto chiaro e preciso, senza tanti ghirigori. Comunque, vedremo. Quanto alla diminuzione del numero dei parlamentari, avrebbe già dovuto essere stata decisa perché necessaria conseguenza dell’affermazione delle Regioni e del loro potere legislativo”. “Il nuovo sistema elettorale, – ha concluso Spini – se passerà, metterà l’accento sui partiti piuttosto che sulle coalizioni. I partiti non dovranno guardare a questo fatto come a una sorta di scampato pericolo, quanto piuttosto a un’Occasione reale di apertura e di pluralismo. In particolare questo è vero per il Pd se vuole superare i limiti del modo in cui fu costituito”.