Matteotti: eroe tutto prosa
di Carlo Rosselli
L’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924) determinò la partecipazione piena e intensa di Carlo Rosselli (che già prima aveva dimostrato interesse per le lotte politiche e sociali) alla battaglia antifascista. Su Matteotti scrisse e parlò più volte; tra i vari saggi scegliamo questo che non solo è il più completo, ma accenna alle sue relazioni personali col martire socialista. (Dall’Almanacco Socialista 1934)
Matteotti è diventato il simbolo dell’antifascismo e dell’eroismo antifascista. In qualunque riunione si faccia il suo nome, il pubblico balza in piedi o applaude. Comitati Matteotti, Fondi Matteotti, Circoli Matteotti, Case Matteotti. Matteotti, come l’ombra di Banco, accompagna Mussolini. E Mussolini lo sa. Eppure, nessun uomo fu meno simbolo, meno “eroe”, nel senso usuale dell’espressione, di Matteotti.
Gli mancavano per questo le doti di popolarità, di oratoria, di facilità che creano nel popolo il feticcio; e la sua vita breve non registra neppure uno di quei gesti drammatici che colpiscono la fantasia e promuovono ad “eroe” il semplice mortale.
Matteotti possedeva però in grado eminente una qualità rara tra gli italiani e rarissima tra i parlamentari: il carattere. Era tutto d’un pezzo. Alle sue idee ci credeva con ostinazione, e con ostinazione le applicava. Quando lo conobbi a Torino insieme a Godetti ricordo che entrambi rimanemmo colpiti dalla sua serietà e dal suo stile antiretorico e ci comunicammo la nostra impressione. Era magro, smilzo nella persona, non assumeva pose gladiatorie, rideva volentieri, ma da tutto il suo atteggiamento e soprattutto da certe sue dichiarazioni brevi si sprigionava una grande energia.
L’antifascismo era in Matteotti un fatto istintivo, intimo, d’ordine morale prima che politico. Tra lui e i fascisti correva una differenza di razza e di clima.
Due mondi, due concezioni opposte della vita. In questo senso egli poteva dirsi veramente l’anti-Mussolini. Le astuzie tattiche e oratorie di Mussolini restavano senza presa su Matteotti. Quando Mussolini parlava alla Camera entrando in quello stato di eccitazione morbosa che pare contraddistingua la sua oratoria e possa esercitare un fascino magnetico, Matteotti, pessimo medium, restava impenetrabile e ai passaggi goffi rideva col suo riso un po’ stridulo e nervoso.
Quando invece era Matteotti a parlare, Mussolini gettava fiamme dagli occhi.
Eppure, Matteotti non era eloquente; o per lo meno la sua eloquenza era tutto l’opposto dell’oratoria tradizionale socialista. Ragionava a base di fatti, freddo, preciso, tagliente. Metodo salveminiano. Quando affermava, provava.
Niente esasperò più i fascisti del metodo di analisi di Matteotti che sgonfiava un dopo l’altro tutti i loro palloni retorici.
Abbiamo lasciato 3.000 morti per le strade d’Italia, tuonava Mussolini – Pardon, 144, secondo il vostro giornale, replicava Matteotti.
– Il fascismo ha messo fine agli scioperi, Le ferrovie camminano. L’autorità dello Stato è stata restaurata. Matteotti, tra la stupefazione dei fascisti, interrompeva per rinfacciare al duce gli articoli del ’19-20 inneggianti agli scioperi, alla invasione delle fabbriche, delle terre, dei negozi.
Dopo la famosa requisitoria di Matteotti contro i metodi elettorali fascisti (maggio 1924) gridata alla Camera tra altissime minacce e interruzioni, Mussolini pubblicò il 3 giugno sul “Popolo d’ Italia” il seguente corsivo: “Mussolini ha trovato fin troppo longanime la condotta della maggioranza, perché l’On. Matteotti ha tenuto un discorso mostruosamente provocatorio che avrebbe meritato qualche cosa di più tangibile che l’epiteto “masnada” lanciato dall’On. Giunta”.
L’8 giugno il giornale dichiarava che “Matteotti è una molecola di questa masnada che una mossa, che una mossa energica del Duce penserà a spazzare”.
Il 10 giugno Dumini, Volpi e Putato spazzavano….
3 gennaio 1925 Mussolini dichiarava: “Come potevo pensare, senza essere colpito da morbosa follia, di far commettere non dico un delitto, ma nemmeno il più tenue, il più ridicolo sfregio a quell’avversario che io stimavo perché aveva una certa cranerie un certo coraggio, che rassomigliavano al mio coraggio e alla mia ostinatezza nel sostenere la tesi?”.
Due cose colpiscono in questa disperata difesa: il “ morbosa follia” che tocca uno degli aspetti della personalità mussoliniana (Mussolini è intelligentissimo, ma la sua intelligenza si innesta su un fondo psicopatico, ed il “mi rassomigliava”. Dopo l’assassinio, Mussolini è stato costretto ad ammirare Matteotti. Ma Matteotti ha sempre disprezzato Mussolini.
Il socialismo di Matteotti fu una cosa estremamente seria. Non l’avventura del giovane borghese eretico che è rivoluzionario a venti anni, radicale a trenta (matrimonio + carriera), forcaiolo a quaranta. No. Fu una consapevole e maschia elezione del destino.
Nato ricco, dovette superare le difficoltà che ai socialisti ricchi giustamente si oppongono. Non lo superò con le sparate demagogiche, con le rinunce mistiche, o profondendo denari in banchetti elettorali o in paternalismi cooperativi e sindacali. Ma partecipando in persona prima al moto di emancipazione proletaria, costituendo libere istituzioni operaie, organizzando i contadini delle sue terre ai quali dirigeva manifesti di una sobrietà che era poco in uso attorno al ’19.
Solo a un temperamento del suo stampo poteva venire in mente, nel corso delle elezioni del 1924, di scendere in Piazza Colonna con un pentolino di colla ad appiccicare sotto il naso dei fascisti i manifesti elettorali del partito che erano stati tutti stracciati. Matteotti, l’economista, il giurista, il ricco Matteotti appiccicava manifesti, scorrazzava l’Italia per mettere in piedi le traballanti organizzazioni. Saltava dai treni, si travestiva per sottrarsi agli inseguimenti fascisti, prendeva con disinvoltura le bastonate e, nel pieno della lotta, faceva una punta a Asolo per i funerali della Duse rientrando poi in camion coi fascisti, perché cosi spiegò, gli pareva giusto che il proletariato italiano fosse rappresentato ai funerali della Duse.
Quanto al camion fascista era stato necessario servirsene per essere presente a una adunanza del partito. Se i fascisti lo avessero riconosciuto sarebbe stata la fine. Ma Matteotti scherzava ormai con la morte, con grande orrore dei compagni posapiano.
Era fatale quindi che morisse l’antifascista-tipo Matteotti, eroe tutto prosa. Come dovevano morire nello stesso torno di tempo Amendola e Gobetti. Come dovranno morire, se non li salveremo, Rossi, Gramsci, Bauer e molti altri Matteotti che si sono formati in questi anni. Tutti caratteri, psicologie, che sono l’opposto del carattere e della sensibilità mussoliniana.
Mussolini sente, sa quali sono i suoi autentici avversari. Ha il fiuto dell’oppositore. Imbattibile con uomini del suo stampo. singolarmente impotente con uomini che sfuggono al suo orizzonte mentale. Perciò li sopprime. Uccidendo Matteotti ha indicato all’antifascismo quali debbono essere le sue preoccupazioni costanti e supreme: il carattere; l’antiretorica; l’azione.