Roma, giovedì 7 marzo 2019, ore 17,00 Istituto Luigi Sturzo- LE CULTURE DELLA REPUBBLICA PER L’EUROPA
Le Fondazioni e gli istituti culturali proponenti intendono con questo documento aprire un dibattito sui principali problemi della crisi del nostro paese e dell’Europa, che necessitano di essere affrontati in tutta la loro drammatica portata. Chi si riconosce nei valori comuni delle culture fondatrici della Repubblica vede oggi messo a rischio di oblio e di negazione lo spirito della Resistenza e della Costituzione, che ha costituito la base per il contributo italiano alla costruzione dell’Unione Europea. La nostra convinzione è che gli eredi di quelle culture non possano ridursi al ruolo di testimoni del passato, ma debbano dimostrare capacità di reazione e di progettualità nel presente.
Si tratta di discutere temi decisivi e tra loro interconnessi come la delegittimazione delle classi dirigenti; le risposte nazionaliste alla globalizzazione; l’impasse della democrazia rappresentativa; la sofferenza dell’integrazione europea e del suo consenso popolare. Si tratta però anche di reagire alla rassegnazione verso l’affermazione delle forze e delle idee che alimentano queste tendenze. Partiamo dalla volontà di discutere e capire la crisi della politica in Europa e in Italia in una chiave di ampio respiro e svincolata dalla contingenza, nella convinzione che le tendenze nazionaliste e “sovraniste” non rappresentino una soluzione, ma un problema ancora peggiore.
La stessa vicenda politica recente rimanda a scelte strategiche sempre più stringenti. La lunga trattativa tra Governo italiano e Commissione UE ha messo in luce come un approccio meramente rivendicativo e una visione ristretta dell’interesse nazionale non favoriscano, e anzi impediscano, una seria discussione sulla riforma dell’Unione Europea, delle sue istituzioni, dell’eurozona. Nello stesso tempo, l’Italia si è trovata isolata in Europa, mentre una riforma autentica impone di stabilire alleanze attorno a progetti credibili e consensuali, a partire dal rilancio di una crescita del reddito e dell’occupazione sostenibile sul piano ambientale ed equa sul piano sociale.
La retorica antieuropea che negli ultimi tempi ha invaso il discorso politico italiano (ma anche di molti altri paesi) è infondata e autolesionista. L’Unione Europea continua a essere una potenza economica globale, dotata di una moneta forte. Le sue capacità di rispondere alla crisi globale del 2008 sono state inizialmente limitate e criticabili, ma si sono rafforzate nel tempo. La vicenda della Grecia ha mostrato che uscire dall’euro è visto come un salto nel buio dalla maggioranza dei cittadini, la vicenda della Brexit sta mostrando quanto sia oneroso e azzardato lasciare l’Unione. L’appartenenza all’Europa è irrinunciabile sotto il profilo dei valori di progresso e civiltà politica che affondano le radici nella ricostruzione democratica e repubblicana dell’Italia, ma è altrettanto importante sotto il profilo degli interessi concreti e materiali del nostro Paese.
L’Unione è quindi una realtà indispensabile per pensare il futuro stesso del nostro Paese. Fare questa affermazione non significa occultare i suoi problemi e le sue contraddizioni, ma inquadrarli nella loro giusta dimensione. Bassa crescita e alta disoccupazione sono problemi cruciali da risolvere. Occorre che i cittadini italiani ed europei si sentano coinvolti non semplicemente in un sistema di vincoli, quanto in un progetto europeo dotato di una ampia legittimazione politica e istituzionale, in grado di promuovere lo sviluppo, difendere il welfare, rispondere in modo efficace alle crisi globali, a cominciare dalla crisi dei flussi migratori. Diversamente il rischio di una disgregazione dell’Unione potrebbe farsi reale, con conseguenze regressive e drammatiche per tutti. Non vogliamo nasconderci quanto è avvenuto sul piano politico: nessun governo della zona euro che abbia seguito le prescrizioni delle autorità istituzionali europee è riuscito a sopravvivere ai confronti elettorali. La Germania è naturalmente un caso a parte, ma la stessa coalizione che la guida si trova in una situazione politica certamente non facile e non riesce ad esercitare quel ruolo di aggregazione e di stimolo che le competerebbe.
Riteniamo che esista un nesso tra le difficoltà in cui si trova l’Europa e le trasformazioni della globalizzazione nel contesto della crisi del 2008. Già prima di essa, lo straordinario sviluppo dell’interdipendenza globale ha prodotto forti resistenze identitarie, che attraversano in forma nuova e aspra le sensibilità dei popoli. L’esplosione dei flussi migratori ha amplificato enormemente questa tendenza, producendo la rinascita di sentimenti xenofobi e di forze politiche pronte a sfruttarli. Lo spostamento della ricchezza mondiale verso l’Asia ha prodotto la percezione di un impoverimento in Occidente, dove le ineguaglianze della crescita mondiale si sono riverberate sulle classi medie e sulle classi lavoratrici. Si è incrinato il nesso tra democrazia e prosperità. Si è allentato il nesso transatlantico tra Europa e Stati Uniti.
Siamo in presenza di una regressione visibile e pericolosa della democrazia rappresentativa e liberale. Le idee e le pratiche delle “democrazie illiberali” hanno attecchito in vari paesi europei, delineando una risposta negativa alla mancata espansione della democrazia politica oltre i confini dello Stato nazionale, che pure rappresenta la vera sfida e necessità della nostra epoca. La questione cioè della democrazia nella dimensione sovranazionale e della sovranità condivisa. È a questa che si deve dare risposta. Costruire le passerelle giuste tra nazionale e sovranazionale, verso l’alto e verso il basso, questo il problema culturale e politico che è dinanzi all’Europa. Procedere decisamente alla riforma dell’eurozona, con gli Stati che aderiscono all’Unione monetaria. Su questo si è aperta la discussione tra Francia e Germania e su questo bisogna portare un contributo italiano. Può essere l’inizio di una nuova Europa, più solidale, più sociale, più politica, più globale e insieme più attenta alla cura dei propri spazi, dei propri territori. È questa l’Europa per la quale vale la pena di battersi, di impegnarsi.
Esiste un evidente rapporto tra crisi della democrazia europea e crisi della democrazia italiana. Molto più che altrove, è emersa da tempo in Italia un deficit di legittimazione delle classi dirigenti, anzitutto politiche, ma anche economiche, sociali e culturali. Le classi dirigenti del nostro Paese, salvo casi isolati, non hanno saputo prevedere o capire gli effetti “lunghi” della crisi globale del 2008. Si sono limitate a esorcizzare “il populismo” senza porsi il problema di come mantenere i rapporti col popolo. Sul piano politico assistiamo, come conseguenza, allo stravolgimento di un corretto rapporto tra le istituzioni ed il sistema di pesi e di contrappesi tra i vari poteri propri di ogni autentica democrazia, alla crescente manipolazione della comunicazione politica e dell’opinione pubblica, a gravi forme di intolleranza verso la libera informazione.
Le Fondazioni che hanno espresso la loro adesione a questo documento intendono promuovere una giornata di pubblico dibattito, coinvolgendo nella riflessione esponenti e soggetti della società civile, del mondo economico e della cultura italiana.
Fondazione Circolo Fratelli Rosselli …………………… Valdo Spini
Fondazione Gramsci …………………… Silvio Pons
Istituto Luigi Sturzo …………………… Nicola Antonetti
Fondazione Bruno Buozzi …………………… Giorgio Benvenuto
Fondazione Socialismo…………………… Gennaro Acquaviva
Fondazione Ugo La Malfa…………………… Giorgio La Malfa
Fondazione Giulio Pastore…………………… Aldo Carera
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli …………………… Massimiliano Tarantino
Fondazione Giuseppe Di Vagno (1889-1921) …………………… Gianvito Mastroleo
Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico…………………… Vincenzo Vita
Fondazione Pietro Nenni …………………… Carlo Fiordaliso
Fondazione Giacomo Matteotti…………………… Angelo Sabatini
Fondazione Giacomo Brodolini Giuseppe Ciccarone
Fondazione Francesco Saverio Nitti …………………… Stefano Rolando
Fondazione Luigi Einaudi Roma …………………… Giuseppe Benedetto
Forum per i Problemi della Pace e della Guerra, Firenze…………………… Anna Loretoni
Si ringraziano per il loro contributo alla stesura del documento-che rimane esclusiva responsabilità dei firmatari- Alessandro Barbano, Pier Luigi Ciocca, Biagio Di Giovanni, Ugo Intini
Hanno inoltre aderito:
Circolo Riccardo Lombardi di Ancona…………..Diego Franzoni
Circolo Giovanile “I Pettirossi” …………………… Rosa Fioravante
“Fondazione Circolo Rosselli”
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