Intervento Valdo Spini – Cento anni di Andrej Sacharov. Lo scienziato dissidente che ha cambiato il Novecento
Valdo Spini (Fondazione Circolo Fratelli Rosselli)
Sono molto onorato di partecipare alla celebrazione del centenario di Andrej Sacharov e porgo il mio saluto e quello della Fondazione Circolo Rosselli a tutte le istituzioni culturali che hanno concorso alla sua organizzazione.
La coraggiosa opera del grande fisico Andrej Sacharov per la difesa delle libertà politiche e dei diritti civili in Urss ha profondamente influenzato la maturazione delle idee della sinistra italiana in questo campo. In tali vicende ha giocato un ruolo importante anche la mia città, Firenze.
Se Sacharov inizia la sua azione per i diritti di libertà in Urss fin dal 1966, non possiamo tralasciare in questo quadro l’importanza che assume l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968 da parte delle truppe del Patto di Varsavia. Il processo di normalizzazione del Partito Comunista Cecoslovacco vedeva fatti clamorosi come l’espulsione dal partito di quelli che erano stati i dirigenti della Primavera di Praga, a cominciare da quella del segretario, Alexander Dubcek, espulso nel 1970. Allora fu Riccardo Lombardi, dalla tribuna del congresso del Psi di Genova del 1972, ad invitare il Pci italiano a dare la propria tessera a quei quadri del Pc cecoslovacco che venivano espulsi. Il suo appello peraltro non ebbe seguito. Fu quindi il Psi a condurre questa azione, candidando alle prime elezioni del parlamento Europeo ad elezione diretta, nel 1979, Jiri Pelikan, già direttore della Tv e deputato al parlamento cecoslovacco, espulso anche lui dal Partito Comunista. Jiri Pelikan venne portato candidato nella circoscrizione dell’Italia Nord Occidentale, quindi nella Milano del segretario Bettino Craxi ed eletto con un bel successo di voti. Venne rieletto anche nel 1984.
Negli anni Settanta si sviluppa l’azione di Andrej Sacharov e del comitato da lui stesso creato per l’affermazione delle libertà politiche, dei diritti civili e della pace. Dal 1975 in questa battaglia al punto di riferimento della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo dell’Onu, si affiancò anche l’Atto Finale della Csce (Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa) documenti ambedue sottoscritti dall’Urss.
La vicenda di Sacharov e dei dissidenti sovietici interessò particolarmente la sinistra italiana. Queste vicende incrinavano la visione in cui si credeva (o magari si preferiva credere), in un sistema comunista che il progresso economico e sociale avrebbe spinto naturalmente ad approdare a forme di maggiore libertà e pluralismo.
La personalità dello scienziato Andrej Sacharov conferì al dissenso interno all’Urss una rilevanza internazionale particolarmente rilevante. Sacharov è il leader riconosciuto del movimento per la difesa della democrazia. Egli era un fisico nucleare di grande rilievo. Soprattutto aveva collaborato alla costruzione delle prime bombe termo-nucleari sovietiche, ma successivamente aveva criticato gli esperimenti nucleari a scopo bellico e gli aspetti repressivi del regime sovietico costituendo nel 1970 un comitato per i diritti civili che difendeva i dissidenti e i perseguitati.
Questo poneva problemi ai comunisti italiani, stimolati dai socialisti a prendere posizioni più coraggiose in materia.
Partiamo dal 1975. Nell’ottobre viene annunciato il conferimento del Premio Nobel per la pace ad Andrej Sacharov ma presto si capisce che allo scienziato non verrà dato il visto per andarlo a ricevere ad Oslo nel dicembre di quell’anno.
L’allora segretario del Psi, Francesco De Martino, uomo dalle espressioni sempre misurate, in un’intervista all’Avanti del 4 Novembre 1975 critica i comunisti italiani per avere indirizzato una “critica non sufficientemente forte nei confronti delle persecuzioni degli intellettuali del dissenso come Sacharov.”
In quel periodo Sacharov pubblica in Francia il libro “Il Mio paese e il mondo”.
L’Avanti! quotidiano del Partito Socialista Italiano, il 13 novembre 1975 riporta, naturalmente con espressioni di protesta e di riprovazione, la notizia che a Sacharov è stato negato il visto per andare a Oslo a ritirare il Premio Nobel per la pace.
Ancora l’Avanti! risolleva il 21 Novembre il caso Sacharov, denunciando “Una certa latitanza della sinistra, una certa esitazione, quando non un atteggiamento sprezzante come quello tenuto dall’Unità”.
Il Premio Nobel per la pace verrà ritirato a Oslo il 10 dicembre da Elena Bonner, accompagnata dalle sue amiche russe residenti a Firenze, Nina Harkevitch e Marija Olsuf’eva. Bonner rientra poi in Urss ma il telefono dei Sacharov viene isolato.
Precedentemente la moglie dello scienziato aveva ottenuto di poter venire in Italia a curarsi da una malattia agli occhi presso la clinica oculistica di Siena e risiede spesso a Firenze, ospite in casa di amiche.
Già il 7 ottobre la signora Sacharova viene ricevuta alla Federazione fiorentina del Psi: ne dà notizia l’Avanti! dell’8 ottobre. Elena Bonner chiede di essere ricevuta anche dal Sindaco, il comunista Elio Gabbuggiani, il quale all’inizio si limita ad inviarle un mazzo di fiori. (Avanti! 6 dicembre 1975). Successivamente invece la incontrerà in più occasioni.
La presenza della sua coraggiosa moglie nella nostra città fece di Firenze una località privilegiata del dibattito italiano sulla vicenda di Sacharov e dei dissidenti sovietici. A Firenze, dopo le elezioni amministrative del 1975, si era formata una maggioranza di sinistra che contava in consiglio comunale su 26 consiglieri comunisti, sei socialisti e uno del Pdup (partito che si collocava alla sinistra del Pci) su 60 componenti il consiglio comunale.[1] Sindaco viene eletto il comunista Elio Gabbuggiani, Vicesindaco il socialista Ottaviano Colzi. Eletto consigliere, personalmente fui chiamato a svolgere le funzioni di capogruppo consiliare del Partito Socialista Italiano
Nel 1977, il Presidente della Biennale di Venezia Carlo Ripa di Meana, esponente del Psi vicino al segretario Bettino Craxi, ha dedicato l’edizione di quell’anno al dissenso nei paesi dell’Est, appunto la Biennale del Dissenso. La sua iniziativa, che è il primo segnale concreto di solidarietà in Italia nei confronti del dissenso nei paesi dell’est europeo, si svolge tra feroci polemiche, in primo luogo con l’Urss naturalmente, ma anche con il Pci, i suoi intellettuali e i suoi organi di stampa.
A Firenze, pur tra le discussioni e le polemiche, nella giunta di sinistra, il rapporto dialettico tra Partito Socialista e partito Comunista porta a qualcosa di nuovo e di importante. Il 20 gennaio 1977 il Consiglio Comunale conclude un lungo dibattito su Charta ’77, il movimento costituitosi in Cecoslovacchia per chiedere libertà e democrazia nel gennaio di quell’anno animato da importanti esponenti della cultura, tra cui il futuro presidente della Repubblica Vaclav Havel, votando un documento in cui si riaffermava la condanna nei confronti degli atti di repressione che colpiscono i dissidenti nei paesi dell’est Europeo e la solidarietà a quanti in quei paesi si battono per il rispetto della libertà e della democrazia.
Il 28 Ottobre 1977 la maggioranza di sinistra si divide su questi temi: per un voto passa l’odg del Psi, su cui convergono gli altri partiti e rimane in minoranza quello del Pci che vota contro quello socialista. Con una dichiarazione come capogruppo consiliare stigmatizzo questo comportamento.[2]
Ma è proprio in conseguenza di questa divisione che si arriva alla decisione di organizzare proprio come Comune di Firenze e della sua giunta di sinistra un convegno su “Dissenso e democrazia nei paesi dell’Est”. Il convegno si svolge nei giorni 19-20-21 gennaio del 1979. È un convegno di vasta portata che dura tre giorni e coinvolge i principali studiosi di questi problemi nonché quei dissidenti che era possibile far parlare perché si trovavano in Occidente.
Il Convegno viene politicamente organizzato dalla conferenza dei capigruppo in Consiglio comunale, presieduta dal Sindaco Elio Gabbuggiani, con la partecipazione del vicesindaco Ottaviano Colzi e di cui ero componente come Capogruppo del Psi. Venne costituita una segreteria tecnica di supporto costituita da studiosi di queste materie.
Il convegno sul dissenso impegna negli interventi, oltre la relazione di apertura del Sindaco Gabbuggiani, almeno ben ventisette studiosi di grande rilievo dell’Europa Occidentale, della Russia e dell’Europa orientale, degli Stati Uniti.[3] Un parterre de Roi, uno sforzo veramente notevole che forse avrebbe meritato maggiore considerazione.
Chi mette con più chiarezza i piedi nel piatto è il francese Gilles Martinet, direttore del settimanale Le Nouvel Observateur e membro della segreteria Nazionale del Partito Socialista Francese guidato da Francois Mitterrand. Martinet sottolinea che i partiti comunisti dell’Europa Occidentali hanno descritto la situazione dei paesi dell’Europa Orientale, come se pratiche biasimevoli si fossero innestate su una base autenticamente socialista A tale concezione il socialista francese si ribella. Riportiamo le conclusioni del suo intervento: “Per coloro che come me sono fautori dell’unità delle forze popolari ( e nei paesi dell’Europa Meridionale questo implica innanzitutto l’alleanza tra comunisti e socialisti) questa ambiguità non potrà essere mantenuta…Una cosa è sperare nella pace e quindi nello sviluppo di relazioni normali con i paesi totalitari dell’Est, ma tutt’altra cosa è ritenere che i dirigenti di questi paesi perseguano gli stessi nostri fini e se ne discostino soltanto in ragione di circostanze storiche particolari e di situazioni nazionali diverse. Non soltanto i fini non sono gli stessi: sono anche assolutamente contradditori. Bisogna avere il coraggio di dirlo.”[4]
Questo coraggio il Psi italiano lo aveva. Per quanto riguarda il Pci bisognò aspettare i fatti polacchi del dicembre del 1981 (la presa del potere da parte del generale Jaruzelski) perché il segretario Berlinguer parlasse di esaurimento della spinta propulsiva di rinnovamento della Rivoluzione di Ottobre, proponendo peraltro una sorta di critica simmetrica delle insufficienze sia delle esperienze socialdemocratiche che di quelle comuniste e l’affermazione di una “terza via”, una via originale di costruzione del socialismo propria dei partiti comunisti dell’Europa occidentale e in primo luogo del Pci.
Purtuttavia il Convegno fiorentino sul dissenso, se avesse avuto un seguito e uno sviluppo, avrebbe potuto invece rappresentare un passaggio di un cammino diverso. Per quanto riguarda la sua gestione da parte della sinistra, il Sindaco Elio Gabbuggiani vi si impegnò a fondo e con coraggio. Venne attaccato dalla Literaturnaja gazeta. Non solo, ma pare sia stato criticato nel suo stesso partito da un esponente di rilievo come il responsabile esteri Giancarlo Pajetta. Invece il segretario nazionale Enrico Berlinguer non si espresse e questo venne interpretato come un significativo silenzio-assenso all’iniziativa. Peraltro, Elio Gabbuggiani, per quanto personaggio di rilievo, non aveva la forza nazionale per trasformare il convegno in un fatto politico incisivo nella vita del suo partito. In realtà Gabbuggiani aveva molto più chiaro di tanti altri esponenti comunisti di maggior nome la direzione in cui sarebbe stato necessario andare, visto quello che avvenne successivamente. Nel suo discorso di chiusura indirizzò un saluto alla Signora Sacharov che si trovava a Firenze e che -disse- : “sono lieto di incontrare, -come già avvenuto altre volte- nei prossimi giorni.” Affermava Il Sindaco: “…esistono valori universali della democrazia, quali la libertà di movimento, la libertà di coscienza e di culto, la libertà di espressione e le garanzie delle minoranze che debbano essere rispettate da qualsiasi sistema economico e sociale.”
Il convegno sul dissenso non doveva evidentemente concludersi con un documento politico. Questo era campo delle forze politiche fiorentine ed in particolare di quelle presenti nel consiglio comunale di Firenze. Tali forze peraltro allegarono delle dichiarazioni agli atti sia di partiti che di persone. Ma significativo fu il deposito di un “Documento di esponenti della sinistra”, corredato da una serie di firme molto autorevoli come quella di Gilles Martinet e che, per limitarci agli italiani, andavano da Gaetano Arfè, all’esponente del Manifesto Rossana Rossanda, a Massimo Salvadori, a Giorgio Spini, a Vittorio Strada, ma senza la presenza di un nome significativo della cultura comunista ufficiale. Noi come vertici del Psi fiorentino dichiarammo di condividerlo completamente e di proporci di sostenerlo.[5]
In questo documento il problema delle libertà politiche veniva posto come momento discriminante per l’evoluzione delle società dell’est europeo e si affermava: “chiediamo alla sinistra un contatto aperto e critico, come fra compagni con gli embrioni di movimenti democratici e popolari dell’Est”[6]
Proprio questo contatto aperto e critico “come tra compagni” non si ebbe da parte del Pci il coraggio politico di farlo ufficialmente e incisivamente. Il che portò a due conseguenze: che la caduta del muro di Berlino del novembre 1989, con tutte le sue ricadute, prese di sorpresa lo stesso Pci che dovette cercare di correre ai ripari inevitabilmente in modo frettoloso e pur sempre competitivo con il socialismo italiano. E la seconda, di portata più ampia, che riguarda la nostra situazione attuale, è che quando uno ad uno i regimi comunisti sono crollati, generalmente un’alternativa socialista democratica non si è affermata in questi paesi, perché un terreno suscettibile di appoggiarne la crescita non era stato preparato.
Quanto a Andrej Sacharov le sue pene non erano finite. Dopo un duro discorso di condanna dell’invasione sovietica dell’Afghanistan, nel gennaio del 1980 viene inviato da Breznev al confino a Gorkij (l’antica Nižnij Novgorod) e ci rimane sette anni. Nel dicembre 1986 verrà liberato da Gorbaciov e verrà anche rieletto deputato
Appresa la notizia dell’arresto di Sacharov, il consiglio comunale di Firenze decise di assegnargli la cittadinanza onoraria. Questo avviene il 5 febbraio 1980, a maggioranza, col voto contrario del Pci e il voto favorevole di tutti gli altri partiti. Il Sindaco Elio Gabbuggiani si astiene, non solo per evidenti ragioni di equilibrio nella coalizione di maggioranza, ma coerentemente con le posizioni da tempo espresse.
Evidentemente il convegno sul dissenso non era bastato.
Peraltro, a livello nazionale, nel dibattito che si svolse al Senato il 29 gennaio 1980, interviene a nome del gruppo del Pci Giuliano Procacci che afferma “Ravvisiamo in primo luogo nelle gravi misure prese contro l’accademico Sacharov una nuova violazione, che segue a violazioni già precedentemente avvenute in Unione Sovietica, di alcuni princìpi ai quali il nostro Partito attribuisce iI valore di princìpi universali, quali la libertà ,di espressione e di pensiero nella ricerca scientifica, la libertà del dissenso:”
Sacharov con la sua azione coraggiosa aveva portato tutti a prendere posizione.
Come dicevamo le misure restrittive contro Sacharov finiscono nel dicembre 1987. Tale è l’importanza della sua figura che la notizia della liberazione viene data allo scienziato russo con una telefonata da Gorbaciov in persona.
Poco dopo nel febbraio 1989 Sacharov viene a Roma e viene ricevuto il giorno 7 con tutti gli onori nella sede del Psi a via del Corso dal segretario Bettino Craxi e dalla responsabile esteri Margherita Boniver. È l’unico partito che egli visita, oltre che andare dal Papa e dai vertici istituzionali del nostro paese.
Il 14 Maggio lo scienziato russo viene invitato dal segretario al Congresso del Psi di Milano, dove pronuncia un saluto in cui afferma tra l’altro, rivolto al Psi e a Craxi: “Altri partiti e leaders hanno fatto molto, ma voi avete fatto più di tutti.”[7]
Pochi mesi dopo, nel novembre 1989 cade il muro di Berlino, il Pci italiano annuncia il cambio del nome.
Il mese dopo, il 14 Dicembre 1989, Andrej Sacharov muore. Non vede quindi la dissoluzione dell’Urss e tanti avvenimenti che avrebbero dato ragione delle sue posizioni.
Il suo contributo sarebbe stato molto utile nella nuova fase che si apriva e anche nella situazione attuale.
Siamo oggi naturalmente vicini al Centro a lui intitolato e alla Fondazione che ne continua la memoria.
Firenze 8 marzo 2021
[1] Prima della riforma del 1993, il Sindaco e la Giunta venivano eletti dal Consiglio Comunale.
[2] Cfr. Divisa la maggioranza sul dissenso nell’Est , “La Nazione”, Cronaca di Firenze, 29 ottobre 1977 e “Molto avventurose vicende della mozione sul dissenso” ibidem, 30 0ttobre 1977
[3] Gli autori dei contributi pubblicati: Leonard Schapiro, Stephen F. Cohen, Zores Medvedev, Cornelius Castoriadis, Francois Fejto, Hugh Seton-Watson, Micha Reiman. Eduard Goldstucker, Alexander Smolar, Vittorio Strada, Carlo Skalicky, Jurij Mal’cev, Jakub Karpinski, Ota Sik, Domenico Mario Nuti, David Lane, Miklos Haraszti, Geoffrey Hosking, Charles Bettelheim Gilles Martinet, Ennio Di Nolfo, Andrej Amal’rik, Leonid Pliusc, Andrej Siniasvkij, Boris Weil, Manfred Wilke. Nelle biografie dei partecipanti figurano anche quelle di importanti esponenti della cultura comunista come Adriano Guerra e Giuliano Procacci, ma nel libro non figurano i loro interventi. Le firme di Giuliano Procacci e di Adriano Guerra vengono apposte alla Petizione in favore della liberazione di Jaroslav Sabata, il portavoce di Cartha ‘77
Gli atti sono stati pubblicati in Dissenso e democrazia nei paesi dell’Est, a cura di P. Nadin, Firenze Vallecchi 1980.
Andrej Sacharov non può evidentemente partecipare, ma nell’elenco dei partecipanti figura Elena Sacharova (pag.262).
[4] Dissenso e democrazia…pag.209.
[5] Dissenso e Democrazia, cit.pag.279.
[6] Op.cit. pagg.275-76.
[7] A. Sakharov, Moscow and Beyond, Alfred A. Knopf, New York 1990, pp. 103 e ss.
Video Evento – Cento anni di Andrej Sacharov. Lo scienziato dissidente che ha cambiato il Novecento: https://fb.watch/4KwgzRmjaz/