Intervento di Valdo Spini alla presentazione del libro di: Irene Sanesi, “Buona Ventura: Lezioni italiane di storia economica per imprenditori del futuro”, Bologna, Il Mulino, 2018
Valdo Spini
Intervento alla presentazione del libro di: Irene Sanesi, “Buona Ventura: Lezioni italiane di storia economica per imprenditori del futuro”, Bologna, Il Mulino, 2018
Prato 2 ottobre 2018.
“ma distributore è ‘l signor vero;
l’onore ha solo di tal fatica frutto;
l’onor, che fa di ogni altra cosa vile,
ch’è ben gran premio al core alto e gentile.”
Sono versi di Lorenzo il Magnifico, tratti da un suo lavoro teatrale, “La sacra rappresentazione di San Giovanni e Paolo” scritta verso il 1490.
Mi sembrano adatti per introdurre il mio intervento in questa presentazione dl questo “Buona Ventura” il bel libro di Irena Sanesi.
“Buona ventura “è una sorta di parabola. Attraverso le dimensioni più significative della vita di Francesco di Marco Datini, il Mercante di Prato per antonomasia, svolge una parabola moderna, delle lezioni per gli imprenditori del futuro anche alla luce delle più moderne teorie della behavioral economics nonché di quelle dell’economia aziendale, così bene illustrate da Angela Orlandi.
Leggendo il libro mi sono tornate tante suggestioni giovanili. Innanzitutto, il ricordo delle lezioni di Federigo Melis, (anch’io, qualche anno dopo, sono stato suo studente come il padre di Irene). Uno studioso di fama internazionale, capace di sconfiggere con le sue scoperte storiche sulla “lettera di cambio” nell’archivio Datini non solo il nostro Armando Sapori, ma anche l’americano Raymond De Roover.
Così per l’emozione provata quando Paolo Sylos Labini e Giacomo Becattini mi affidarono la revisione dall’inglese della traduzione italiana della “Teoria dello sviluppo economico” di Joseph Schumpeter, il primo economista che fece dell’imprenditore e della sua figura il pilastro portante della sua teoria economica. Anzi l’occasione di questa presentazione è propizia per sottolinearne il ruolo nell’avere sottratto alla mera considerazione del profitto nell’obiettivo dell’imprenditore e nell’averlo circonfuso quasi di un alone romantico.
E poi dopo ancora, la partecipazione all’impresa di Giacomo Becattini, a quel libro “Lo sviluppo economico della Toscana” che segnò l’inizio della teoria dei distretti economici e di una diversa considerazione del ruolo trainante della piccola e media impresa che trovava in Prato e nel suo distretto un’esperienza di particolare significato. Un genius loci, quello pratese che è ben simboleggiato proprio in Francesco di Marco Datini.
Ma veniamo a Irene Sanesi. Con il suo libro ci vuole dimostrare quanto i successi del Datini si debbano alle qualità che lei addita agli imprenditori del presente e del futuro. L’apertura internazionale al mondo allora conosciuto, la creazione di una vera e propria multinazionale, il legame inscindibile con l’innovazione, l’informazione sulle vicende politiche circostanti, l’apertura al nuovo, la capacità da vero leader di scegliersi i collaboratori. Aggiungiamo un ruolo diverso della donna, attraverso il ruolo che la moglie Margherita ebbe nella sua impresa.
Naturalmente a me come presidente dell’Aici (Associazione delle Istituzioni Culturali italiane) di cui l’Istituto Datini è socio attivo e autorevole e di cui a stessa Irene Sanesi è una colonna portante, spetta un occhio particolare sul mecenatismo e sul ruolo della cultura.
Ricorda Irene Sanesi che “il legame di Datini con gli artisti non è ancora quel mecenatismo”, -intendendo quello dei Medici- è piuttosto un fenomeno connesso al ruolo sociale del mercante attraverso il sostegno agli artisti e alla loro opera”. Sarà, aggiungiamo noi , nel secolo successivo che con Cosimo il Vecchio e con Lorenzo il Magnifico, i Medici affermeranno una loro egemonia culturale. Ma , aggiunge Irene Sanesi, il Datini “con la sua epifania culturale diviene l’antesignano dei semi del Rinascimento”.
Qui verrebbe voglia di commentare in contemporaneo che forse quello che manca oggi al nostro paese è proprio una borghesia economica che si renda conto dell’importanza dell’egemonia culturale. Presento un esempio concreto: Gianni Agnelli, con la sua “Stampa” ci permetteva di leggere gli editoriali di Norberto Bobbio o di Alessandro Galante Garrone. Non mi sembra che oggi in Italia vi sia qualcosa del genere, naturalmente con le eccezioni luminose del caso. Credo che con il suo libro Irene Sanesi chieda alla borghesia imprenditoriale del futuro di muoversi su questo piano per ricucire le membra di un’Italia oggi per molti aspetti divisa e lacerata, da quella società basata sul rancore, individuata dal Censis nel suo rapporto 2017.
Dopo lo sciagurato “ la cultura non si mangia” di un ministro della seconda repubblica, abbiamo assistito ad atteggiamenti paternalistici verso la cultura. La cultura la si può sviluppare se la associamo al turismo e così via. Oggi finalmente si riprende in considerazione il valore sociale della cultura in quanto tale, come spirito critico, stimolo alla conoscenza, all’informazione e allo studio di questa. Proprio Irene Sanesi si è misurata in altre sue opere con il problema della misurazione del valore e degli effetti della cultura. Proprio le personalità economiche del Rinascimento ci insegnano quanto il tema di quella egemonia culturale, che sarà poi al centro dei “Quaderni” di Antonio Gramsci sia importante e decisiva.
Conoscenza, competenza sono i valori cui Datini credeva profondamente. E nei suoi tempi, ricorda il nostro libro, vi era uno stretto rapporto tra sistema scolastico e sistema produttivo. –
Datini era un agente economico europeo, nella sua vita stessa (Avignone) ma nella dimensione e nella presenza delle sue imprese. Un’Europa vista non come assoggettamento ad una sola cultura, ma come valorizzazione sinergica e plurale delle sue varie culture . Anche questa un’indicazione per l’attualità. Irene Sanesi, commercialista affermata, è oggi protagonista di varie istituzioni culturali a cominciare dalla presidenza del Pecci, la Fondazione dell’Arte contemporanea in Prato di cui abbiamo ricordato pochi giorni fa i trenta ‘anni.
La curiosità intellettuale, la spinta all’innovazione economica. Ecco un altro dei filoni del libro. E qui non posso non ricordare che, recatomi nel 1984 nella Silicon Valley della California e tornato profondamente impressionato da quella visita, e comunicate le mie impressioni ad un caro amico di allora, il direttore dell’Unione Industriale Pratese Alberto Parenti, tentammo di indurre nel distretto industriale pratese un’attiva curiosità verso quella esperienza rivoluzionaria nel campo dell’informatica. Facemmo venire anche un consulente. Ma erano tempi forse troppo belli per Prato e per la sua industria tessile perché queste suggestioni venissero prese sul serio. Arriveranno dopo gli anni difficili che Edoardo Nesi ci ha descritto nei suoi libri.
Ma forse questa è l’occasione giusta per ricordarlo. Le occasioni perdute non devono essere momento di depressione, quanto di stimolo a non perderne altre.
E veniamo alla conclusione. Oggi l’Italia è un paese di grande risparmio privato accumulato. Quando ci rimproverano il nostro spropositato debito pubblico, rispondiamo, ma tanto siamo forti per il nostro risparmio privato. E però il nostro differenziale di produttività del lavoro, il nostro differenziale di crescita sono negativi, sfavorevoli. Uno dei possibili vettori di ripresa, forse il principale, è proprio questo: rimettere in comunicazione il capitale privato accumulato con l’allargamento dell’istruzione e della cultura.
Questa può essere una “Buona Ventura” per il nostro paese, quella buona ventura che Irene Sanesi ci augura con il suo libro.