Torino, 14 gennaio 2000 – Intervento di apertura del I congresso DS
Il 14 gennaio 2000 al Lingotto di Torino Valdo Spini apre il I congresso dei DS.
Care compagne e cari compagni, care amiche e cari amici,
benvenuti a Torino, una città densa di significato politico, economico e sociale, la città di Gramsci e di Gobetti, la città di Bobbio e di Galante Garrone. Ci sono tre sfide cui il nostro congresso deve saper rispondere: quella dell’identità, quella della concretezza, quella della idealità, ossia dei valori che delle due prime rappresenta il presupposto. La prima sfida, quella dell’identità, sta tutta nel numero uno, nell’appellativo primo che abbiamo voluto dare al congresso dei D.S. Dobbiamo tener fede a questo impegno. Il nostro appuntamento non è un nuovo anello della collana dei congressi del PCI-PDS. Esso è il primo congresso di una formazione politica nuova, risultante di una pluralità di culture e di tradizioni, che devono entrare alla pari, senza handicap pregiudiziali, nel nuovo partito, sulla base del Progetto 2000. Noi siamo e vogliamo essere un partito della seconda repubblica, che guarda al futuro con una chiara impronta europea, impegnato nella battaglia per un completamento delle riforme istituzionali ed elettorali coerente col sistema maggioritario, capace fino in fondo di farsi carico del fatto che questo congresso è importante non solo per noi, ma per tutta la coalizione di centrosinistra e per il suo rilancio cui vogliamo contribuire. Agli Stati Generali di Firenze è stato compiuto un atto politico importante: il PDS, ha tolto dal simbolo quello del vecchio PCI, e, tutti insieme, con i movimenti cofondatori, vi abbiamo collocato al suo posto il simbolo del Partito del Socialismo Europeo cui apparteniamo. Probabilmente, molti di quelli che oggi ci criticano per questa esplicitazione della nostra adesione alla socialdemocrazia europea, ci avrebbero criticato scandalizzati se non lo avessimo fatto! Siamo consapevoli che le vicende travagliate e tormentate della sinistra italiana, e dei suoi due maggiori partiti, il PCI e il PSI, anche nei loro reciproci, difficili rapporti, ci hanno lasciato una sinistra italiana più debole rispetto a quella degli altri paesi europei. Una sinistra che deve fare un percorso ricostruttivo più arduo e più faticoso, anche attraverso un confronto libero e spregiudicato sul reciproco, recente passato. Una sinistra che deve fare più attenzione di quelle di altri paesi al tema della coalizione e delle convergenze con le altre forze riformiste. Questo congresso ne deve essere cosciente. Ma noi non siamo solo i Democratici di Sinistra. Siamo una componente del Partito del Socialismo Europeo, aderiamo all’Internazionale Socialista. Da questa collocazione internazionale deriva la specificità del nostro partito. Quando ci si chiedono scioglimenti in nuovi , più ampi soggetti politici, noi abbiamo una sola, ma determinante domanda da fare. Il nuovo soggetto politico aderirebbe all’Internazionale Socialista? Se sì, siamo interessati. Se no, non siamo disponibili a togliere l’Italia da questa grande organizzazione internazionale!. Certo, noi DS, sappiamo di avere fatto qualcosa di controcorrente: tanti si affannano a dividersi, a frazionarsi, a ricercare rendite di posizione, a trasmigrare furiosamente da una formazione politica all’altra, e noi invece ci siamo uniti. Abbiamo preso sul serio la caduta del muro di Berlino e la necessità di avere formazioni politiche nuove, non quelle dei tempi della guerra fredda, da un lato, e dall’altro lo spirito del maggioritario, la necessità di offrire ai cittadini italiani, una politica chiara e trasparente, per la quale vale la pena di impegnarsi. Vorremmo che questo messaggio di riforma della politica arrivasse alle cittadine e ai cittadini italiani, aldilà delle lottizzazioni sui secondi di intervista che spettano nei telegiornali a tutte le piccole formazioni politiche. Ma, nei due anni succedutisi agli Stati generali di Firenze, siamo veramente stati quel partito nuovo, capace di accogliere in posizioni di parità tutte le varie provenienze, che ci siamo proposti di essere? Onestamente no. Abbiamo fatto degli sforzi importanti, ma non siamo ancora arrivati a questo traguardo. Il nostro congresso è il primo appuntamento politico italiano di rilevanza nazionale del nuovo anno, del XXI secolo, del terzo millennio. E come alla mezzanotte dell’ultimo dell’anno, si butta via qualche oggetto usato, il mio augurio è che nell’ultimo dell’anno 1999, si siano buttati fuori dalla finestra i cocci dell’autosufficienza e della diffidenza, e si apra per noi un anno duemila che ci veda decollare veramente uniti.