5 dicembre 2018 – Discorso di Valdo Spini in occasione della presentazione del volume “Preludio alla Costituente” (Camera dei deputati, Sala della Lupa, Roma)
Valdo Spini, Roma 5 dicembre 2018.
In musica un “preludio” è generalmente un brano piuttosto breve, di solito collocato all’inizio dell’esecuzione di una composizione o di una sua parte. Ma questo volume, “Preludio alla Costituente”, può essere piuttosto assimilato ad una sinfonia, sia perché è tutt’altro che breve, sia perché questa si definisce come un brano orchestrale composto di più movimenti, di proporzioni abbastanza ampie e articolati secondo procedimenti ben precisi. Quindi la sinfonia può essere definita come la «sonata per orchestra».
Ed in effetti “Preludio alla Costituente” consta di tre curatori, 21 autori e di due prefatori. Una vera e propria orchestra! Una bella impresa editoriale (grazie anche all’editore Castelvecchi).
Venti sono gli enti culturali aderenti che vi hanno partecipato, e quindi non poteva certo mancare il patrocinio dell’Associazione delle Istituzioni Culturali Italiane (Aici) che ho l’onore di presiedere.
Ebbene, questa sinfonia ha uno scopo molto preciso. Illustrare la Costituente, il suo spirito, i suoi risultati, partendo dai filoni ideali e culturali, che spesso sconfitti anche tragicamente e drammaticamente dal fascismo, a volte con la stessa uccisione dei loro punti di riferimento, hanno però costituito il terreno su cui si sono poi fondate la Resistenza e la Guerra di Liberazione, appunto la Costituente ed il suo alto prodotto, la Costituzione Italiana che regge la nostra Repubblica. Una Repubblica – lo voglio dire subito- che si è voluta basare sul lavoro, proprio quel lavoro che oggi manca a tanti ed in particolare alle giovani e ai giovani del nostro paese.
Qual è il significato di un’operazione politico-culturale così ampia e articolata?
Certamente quello di rafforzare la radici della nostra democrazia repubblicana, smentendo la tesi strisciante di una democrazia italiana quasi importata dalla vittoria, nel nostro scacchiere, degli anglo-americani nella II guerra mondiale.
Sicuramente anche quello di riavviare un dibattito e riannodare una memoria spesso carente nei giovani. Ricordo di essere stato eletto alla Camera dei Deputati a trentatré anni, a suon di preferenze, ma di avere nutrito un rispetto quasi religioso per gli uomini della Resistenza e dell’antifascismo che avevo avuto la fortuna di poter frequentare in quel periodo, da Tristano Codignola a Giorgio La Pira tanto per nominare due fiorentini. Non sembra che negli ultimi anni tra rottamazioni poco riuscite e rivoluzioni più apparenti che reali, questo necessario rapporto dialettico con il passato sia stato particolarmente valorizzato.
Ma credo che il valore di questo volume sia soprattutto nella capacità che esso dimostra di sottolineare la bellezza che può assumere la politica attraverso la rievocazione dei filoni politico-culturali e dei personaggi che li caratterizzarono. Battersi per migliorare la società in cui si vive, per assicurare la giustizia nelle condizioni economiche e sociali, battersi perché si affermi la piena dignità dell’individuo in una società che gli assicuri libertà e democrazia, di diritto e di fatto. E battersi anche a rischio della vita, patendo gravissime sofferenze.
Ecco quello che fecero i precursori della Costituente. Uccisi come Giacomo Matteotti e i fratelli Rosselli o il sacerdote don Minzoni, bastonati a morte come Giovanni Amendola e Piero Gobetti, morti in carcere come Antonio Gramsci, segregati ininterrottamente dal 1929 al 1943 come il nostro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, esiliati come don Luigi Sturzo e Giuseppe Di Vittorio e come tanti e tanti altri che non possiamo qui nominare, queste persone vivono nelle loro fedi, nelle loro idee, nelle loro battaglie, nelle relazioni umane che li caratterizzarono, per consegnarci qui ed oggi la staffetta dell’orgoglio repubblicano e democratico del nostro paese.
Certamente il volume si presterà a delle considerazioni critiche ed è giusto che sia così: avete dimenticato questo o quello, avete dato troppo peso o troppo poco peso a questo a quel filone culturale. È inevitabile.
Ma dobbiamo essere grati ai curatori, Giuseppe Amari, Blando Palmieri, Alberto Aghemo, per un’opera veramente ciclopica, di più di cinquecento pagine, capaci di abbracciare un grande e tormentato periodo storico. E di rendere ragione del suo svolgimento.
Tanto più oggi questo lavoro di ricerca storica è necessario perché il quadro politico è profondamente mutato e le forze politiche che direttamente animarono il periodo costituente non vi sono più o sono ridotte a mere testimonianze. Ma noi ci rivolgiamo a tutto l’arco dello schieramento politico odierno indicando di non dimenticare e di non offuscare questi valori.
Noi non ci siamo mossi per nostalgia. Il passato è passato: nel bene e nel male.
Abbiamo agito con spirito di ricostruzione, guardando al futuro. Ecco il nostro intento.
Perché la politica è oggi vista con occhio così diverso e negativo? Perché manca il rispetto reciproco e delle rispettive battaglie? Perché è così carente il coinvolgimento dei giovani?
Sono domande vere e pressanti. Ma non ce le poniamo con spirito di pessimismo, ma, appunto, con volontà di iniziativa perché vogliamo perseguire un vero spirito di ricostruzione. Un passato oggi studiato per spingerci nel presente e proiettarci nel futuro.
Il quadro dei movimenti e dei personaggi che abbiamo qui rievocato va ben aldilà della fusione a freddo tra due culture politiche. Nel loro variegato e differenziato dispiegarsi, esse ricollegano il Risorgimento con l’antifascismo, la Resistenza, la lotta di liberazione con la Costituente e la stessa Ricostruzione del nostro paese. Certo con le grandi sofferenze cha caratterizzarono quel periodo, come ben ricorda Giuliano Amato nella sua postfazione, ma anche con quella voglia di battersi e di lottare di cui dobbiamo essere capaci anche oggi.
Per due dei caduti in questa battaglia, Piero Calamandrei ha dettato sulla loro tomba questa epigrafe: Carlo e Nello Rosselli. Giustizia e Libertà. Per questo morirono, per questo vivono.
Oggi lo diciamo per tutti i protagonisti di questo volume: vivono nella nostra memoria, nella nostra volontà di ricostruire la fiducia e il consenso nella buona politica, nella bella politica, capace di affrontare e di risolvere i gravi problemi del nostro paese.
Un’ultima parola sugli artefici di quest’opera, cioè le Fondazioni. Sono pezzi di società civile, nuclei di volontariato culturale.
Il mio invito, il mio appello è che si muovano, si colleghino, entrino in rete, colmino quel vuoto di dibattito culturale e politico che avvertiamo in particolare nell’area ideale e culturale in cui operano molte di queste fondazioni.
Mi auguro allora in conclusione che anche il lavoro compiuto sia allora davvero un Preludio, un Preludio ad una nuova stagione di impegno civile.