“Ecco perché mi candido”
Mercoledì 10 ottobre sul sito Stamptoscana è uscita questa intervista di Stefania Valbonesi a Valdo Spini:
Valdo Spini nell’agone delle primarie: “Ecco perché mi candido”
“Senza partito”, l’ex-ministro fiorentino lancia la sfida: “Il riformismo socialista per sciogliere le contraddizioni del centrosinistra”
Firenze – Lo staff c’è già, la volontà e l’entusiasmo si respirano nell’aria. Le adesioni alla candidatura di Valdo Spini, l’ex-ministro attualmente capo di una lista civica al consiglio comunale di Firenze ci sono e sono prestigiose. La sua scesa in campo, nella tenzone delle primarie del Pd, è cominciata in sordina ma già mostra il suo lato atipico: Valdo Spini, uno dei rappresentanti più conosciuti di quell’area che fa capo al socialismo europeo, riformista che non disdegna l’assunzione di posizioni innovative anche per il suo stesso alveo di riferimento, si presenta alla tenzone senza un partito. Ed è per questo che rimane sospeso al filo delle regole che verranno varate oggi, in un incontro fra i vertici del Pd, quelle regole su cui Bersani e Renzi si sono dapprima combattuti per poi trovare un leggero armistizio sempre in bilico, che potrebbero segnare una svolta decisiva per la candidatura spiniana. E che potrebbero aumentare a dismisura il numero delle adesioni per potere presentare la candidatura: dalle 10mila del vecchio regolamento prodiano, fino a … per ora non si sa. Che, comunque, potrebbero anche stabilire una soglia difficilmente raggiungibile per chi si presenta senza partiti alle spalle. Un vero collo di bottiglia insomma, per stessa ammissione di Spini, che tuttavia dichiara la sua fiducia nel fatto che il Pd, ammettendo una pluralità di candidature (lo statuto fino a poco tempo fa limitava la candidatura al solo segretario … ) dovrebbe dare non solo di diritto, ma anche di fatto, la possibilità di candidarsi anche a chi non ha tessere di partito.
Qual è il significato della sua candidatura, onorevole Spini?
In un momento di fondazione delle forze politiche italiane, la mia candidatura trova un riferimento preciso nel socialismo europeo, un’area che non ha in questo momento rappresentanti. Un polo socialista europeo dunque, di cui non ho l’ambizione di essere l’unico rappresentante, ma a cui ho sempre fatto riferimento in tutta la mia carriera politica. Dall’altro lato, non scordiamo che in questo momento mi trovo a vivere l’esperienza di una lista civica, un mondo pieno di soggetti politici, che rappresenta anche una fetta consistente di elettorato., che ha un proprio peso autonomo dagli schieramenti politici “tradizionali”.
In particolare, se dovesse parlare della funzione della sua candidatura cosa direbbe?
Un elemento salta agli occhi, se si guarda al panorama che offre il centrosinistra, vale a dire l’elemento dell’insoddisfazione di quella che è stata giustamente chiamata la “fusione a freddo” di due apparati, ex-Pci e ex-Dc di sinistra. Sono convinto che il riformismo di stampo socialista sia in grado di sciogliere questa contrapposizione che ancora non ha trovato una sistemazione. E che le contraddizioni non siano risolte, è dimostrato chiaramente dal fatto che il 25 ottobre 2009 si svolgevano le primarie per segretario nazionale del Pd e Pier Luigi Bersani risultava eletto con più di un milione e seicentomila voti che rappresentavano il 53% dell’elettorato A distanza di nemmeno tre anni, siamo di nuovo a decidere. E’ evidente che le contraddizioni non sono state risolte. Ed è altrettanto evidente che la strada intrapresa non porta a quella stabilizzazione necessaria a un grande partito nazionale di centrosinistra. Per questo ritengo che il patrimonio di un socialismo riformista capace di coniugare solidarietà sociale con la via del riformismo liberal- socialista sia una ricchezza e un rafforzamento per il Pd.
In questo quadro, quale sarebbe una delle prime cose cui metterebbe mano, in coerenza con i principi esposti?
Il primo provvedimento dovrebbe essere un segnale forte in direzione dei giovani. Come? Ad esempio, allestendo una piccola patrimoniale mirata che consentisse di tagliare il cuneo fiscale che grava sull’occupazione giovanile. In secondo luogo, la sospensione del finanziamento ai partiti. Ancora, la sostituzione dell’attuale sistema elettorale con un sistema alla francese. Questo Paese ha dimostrato chiaramente di essere irriducibile alla semplificazione del quadro partitico in due schieramenti e dunque ritengo che il modello francese sia quello che dà più chance di stabilità politica al quadro italiano. Naturalmente, spazzando via in modo preliminare il conflitto di interessi e dunque qualsiasi possibilità di rientro di Berlusconi. Ma questo, risolvendo il conflitto di interessi, viene da se.
Mi sembra di capire che la sua proposta si mantiene nell’ambito di un “liberismo riformato”.
Con un ruolo forte del sindacato. Partiamo da un presupposto: le classi più tristemente “elastiche” per quanto riguarda i consumi si sono rivelate le classi medie e medio-basse. Se si sgravano di oneri pesanti come quelli cui stanno assolvendo, comprano il cappotto, o la macchina, vale a dire ripartono i consumi. Hollande ha potuto attuare una politica di questo tipo, ma ha potuto farlo grazie alla stabilità quinquennale di cui gode grazie alla legge elettorale francese. Del resto, sono un convinto assertore della necessità di un patto di concertazione fra lavoratori e imprese produttrici, come a suo tempo fu fatto nel corso del governo Ciampi, cui partecipai. Si tratta insomma di un riferimento all’esempio tedesco.
Sì, ma ora anche la Germania sembra entrare, sia pure lentamente, in recessione.
Certo, dal momento che le esportazioni tedesche si rivolgono a Paesi europei, come l’Italia, in cui diminuisce il potere d’acquisto. Ciò è la riprova che la recessione è un problema globale in cui le economie dei paesi si ritrovano legate, tant’è vero che in crisi è entrata la visione ottimistica della globalizzazione come sistema per mantenere il tenore di vita delle classi sociali (anche dei lavoratori) dei paesi occidentali. Ed ora ci troviamo a lottare contro la delocalizzazione, che porta via le imprese trasferendole in territori più … “favorevoli”. Tutto questo non si risolve se non si mette in circolo di nuovo il principio della giustizia sociale, con un patto imprese-lavoratori (la famosa concertazione che ha sollevato le ire di tanti?…), in una visione generale in cui il sindacato ricopre un grosso ruolo. D’altro canto, non escluderei che la Germania vada incontro a una coalizione Cdu-socialdemocratici.
Cosa ne pensa dei rimproveri mossi da qualcuno circa la sua lunga carriera politica e all’aver già ricoperto ruoli importanti nella storia della politica italiana?
Se uno dei problemi di cui ci si è lamentati, prima del governo tecnico, è stato quello della credibilità del governo italiano, non credo sia un disvalore l’avere ricoperto incarichi importanti che mi hanno messo in contatto con le realtà internazionali e che mi hanno dato, oserei dire, una certa … competenza.
D’altro canto, qualcuno potrebbe obiettare che si fa un po’ fatica a vedere al posto di Monti Matteo Renzi o lo stesso Bersani. Per quanto riguarda Renzi, posso solo dire che tutto sommato il suo stile risulta un po’ obsoleto. Ma il vero problema in questo momento è Monti. Credo che la vera alternativa al governo tecnico sia un riformismo rigoroso e serio, basato sulla giustizia sociale.