28 febbraio 2003 – Preparare il campo per il ritorno di Prodi
“L’Unità” del 28 febbraio 2003 riporta questo articolo di Valdo Spini
Martedì scorso il comitato dell’Ulivo ha deciso una serie di appuntamenti per il rilancio della coalizione di centro-sinistra.
Noi prendiamo sul serio l’intenzione dell’Ulivo di fare un programma anche perché riteniamo che ai fini di sviluppare la partecipazione dei cittadini siano più importanti i programmi degli organigrammi.
La Fondazione Circolo Rosselli, che è l’erede diretto del circolo di cultura animato dai Fratelli Rosselli nel 1920-24, organizza domani un colloquio su ‘I diritti e i percorsi della cittadinanza politica’ (ore 10-19; sala verde, Palazzo dei Congressi, Piazza Adua 1, Firenze) cui parteciperà un folto gruppo di intellettuali di tutto prestigio insieme a giovani dirigenti politici impegnati nei partiti. È anche dal basso e non solo dall’alto che può scaturire un rilancio dello spirito originario dell’Ulivo.
Non basta ‘aspettare Prodi’. Bisogna anche che se Prodi torna non trovi un campo di Agramente bensì un terreno in cui fiorisca un robusto tessuto di realizzazioni politiche e programmatiche. Firenze è ed è stata spesso in questi anni la sede in cui si sono svolti appuntamenti molto importanti per la sinistra italiana. È a Firenze che nel 1998 si sono costituiti i Ds ed è stato sostituito il vecchio simbolo del Pci con quello del socialismo europeo. Era una promessa di grande rinnovamento che purtroppo non abbiamo saputo realizzare con quella coerenza e quel coraggio che sarebbe stato necessario. Ma è a Firenze che si è sviluppato il movimento cosiddetto ‘dei professori’, ma è anche Firenze e la Toscana che hanno saputo ospitare il Social Forum Europeo dimostrando una civiltà e un’accoglienza che hanno avuto effetto in tutto il mondo.
In questo contesto, che significato assume l’iniziativa della Fondazione Circolo Rosselli? Direi che intanto è un’iniziativa che non accetta un dibattito incentrato su due poli alternativi. L’uno rivolto a difendere le esperienze di questi anni, all’insegna dell’avevamo ragione ma non ci hanno capito, l’altro diretto alla contestazione della classe dirigente dei Ds e del centrosinistra prima ancora di dimostrare di essere capaci di rinnovarne l’armamentario politico. Questo rinnovamento invece il riformismo lo deve compiere.
Il riformismo, se si vuole affermare, non può essere difensivo o addirittura freddo difensore della logica politica. Il riformismo parla certo alla mente, ma deve anche saper scaldare i cuori, cioè prospettare un sistema di valori per i quali valga la pena di impegnarsi e battersi con grande capacità di attivare la partecipazione. Dobbiamo anche saper interpretare quel vuoto di presenza laica nella politica italiana che, dopo la sconfitta del Psi e del Pri, non è stato soddisfacentemente riempito. Questo perché il centrosinistra possa anche allargarsi elettoralmente nel campo del centrodestra non all’insegna del recupero di comodo di fasi del passato politico della Prima Repubblica, bensì nella capacità di saper rappresentare un più ampio arco politico, culturale e ideale di quello che non riesca a fare oggi. Ciò anche perché la situazione è in movimento.
Di fronte alla discrasia, sempre più evidente che si è formata nell’opinione pubblica del paese, tra la sua sensibilità ai problemi della pace e la condotta effettiva del governo, di fronte all’evidente necessità di un nuovo patto sociale come quello del 1993 per la difesa e lo sviluppo della competitività del nostro paese a livello europeo e di fronte, viceversa, all’atteggiamento ideologizzante del governo di centrodestra che ha teso a dividere il mondo della produzione e quello del lavoro piuttosto che approvare soluzioni di convergenza e di collaborazione, il Paese avverte la necessità di un’alternativa democratica credibile e accattivante.
Purtroppo non è il balletto dei segretari di partito che si riuniscono nell’Ulivo che può rappresentare quest’alternativa coerente e convergente. Non è naturalmente colpa dei singoli, ma il funzionamento di fatto di questo organismo che non ha la velocità e l’incisività necessaria. Né alla lunga possono bastare atteggiamenti di estraniazione dalla logica dei partiti stessi perché un qualche fatto politico deve a un certo punto subentrare alla logica dello scarto partiti-movimenti.
Per questo un club politico come la Fondazione Circolo Rosselli sente la necessità di entrare in campo, aggregando forze che magari non sono in prima fila nei movimenti ma che nemmeno si sentono soddisfatte dalla vita interna dei partiti così come essa è attualmente ma che tendono al contrario dare un loro contributo alla costruzione di un’alternativa democratica nel paese.
È un contributo ad un nuovo Ulivo, il cui dibattito interno non deve essere commisurato alle esigenze di difesa e di crescita di questo o quel partito, grande o piccolo che sia, ma deve essere un dibattito libero, spregiudicato, aggregante, secondo la logica e la tradizione che è sempre stata propria della tradizione rosselliana.
Il dibattito fiorentino verrà tenuto su due piani: quello dell’analisi del rapporto tra cittadini, partiti e istituzioni, e quello del contributo programmatico su alcune delle materie più importanti del momento. In tal modo si vuol sfuggire alla tentazione di un dibattito tutto politologico da un lato o tutto tecnocratico dall’altro. Al contrario, vediamo nel dibattito programmatico uno dei modi per rispondere alle esigenze di sviluppare una nuova partecipazione.
Speriamo in questo modo di stimolare altre iniziative di questo genere e di arricchire così la realtà politica e programmatica del centrosinistra e dell’Ulivo.