17 maggio 2021 – Intervento Valdo Spini su Paolo Barile a vent’anni dalla scomparsa.
Paolo Barile amava sottolineare che l’unico partito cui era stato iscritto era stato il Partito d’Azione[1] , la formazione politica con cui aveva fatto la Resistenza.
Assolutamente giusto allora che fossero proprio i “Quaderni del Circolo Rosselli” a dedicargli un numero speciale, Paolo Barile a vent’anni dalla scomparsa in cui viene ricostruita non solo la sua carriera scientifico-accademica ma anche il suo itinerario nella politica e nelle istituzioni. Bisogna però rendere il giusto riconoscimento al dr. Marco Cannone, cancelliere di Tribunale che ha scritto il saggio che rappresenta il nucleo centrale del “Quaderno”, articolato altresì nei contributi di Enzo Cheli, Stefano Grassi e nella testimonianza chi scrive sul comune periodo del governo Ciampi. Viene riportato in apertura il bellissimo messaggio che , da Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, volle indirizzare alla famiglia in occasione della sua scomparsa, il 1 giugno 2000.
Il titolo del saggio di Cannone, “il giurista delle libertà” è particolarmente felice come sintesi dell’azione politica di giurista condotta da Paolo Barile per tutta la seconda metà del secolo scorso. Una vita, quella di Paolo Barile che è stata una coerente sintesi di pensiero e di azione.
Paolo Barile è stato un valoroso resistente: a Firenze catturato e torturato dalla famigerata banda Carità (subì anche un colpo di pugnale al viso), sfuggì alla fucilazione grazie ad un provvidenziale dissidio tra i tedeschi e i fascisti. I primi non lo consegnarono ai secondi che avevano proprio questa intenzione. Un episodio, la cattura di Barile, la cui importanza è stata ricordata anche nella recente Storia della Repubblica Sociale Italiana di Mimmo Franzinelli:[2]
Centrale nella formazione di Paolo Barile fu l’incontro con Piero Calamandrei di cui fu discepolo e collaboratore professionale e di Calamandrei fu per molti aspetti l’erede nelle battaglie politiche per l’attuazione della Costituzione e per la difesa delle libertà. Piero Calamandrei e Tristano Codignola hanno rappresentato collettivamente, a mio parere, il “terzo grande del Partito d’Azione”, insieme a Riccardo Lombardi e Ugo La Malfa a cui questa qualifica è stata unanimemente riconosciuta.[3] Paolo Barile era perfettamente inserito nel partito d’azione fiorentino guidato da Codignola e Calamandrei, ma a differenza dei loro successivi percorsi non aveva più assunto ruoli politico-istituzionali, dedicandosi invece alla ricerca, all’insegnamento, alla professione, tutte attività però da lui concepite come prosecuzione di un impegno ideale e politico nelle sedi della società civile.
Gli uomini e le donne del Partito d’Azione sentivano profondamente il problema della rottura della continuità dello stato, rispetto a quello fascista, naturalmente, ma anche rispetto a quello prefascista che consideravano responsabile per molti aspetti dell’avvento del regime.
Essi trovarono nella Carta Costituzionale e nella sua attuazione il punto di attacco nei confronti del vecchio stato di cose. Com’è noto l’Assemblea Costituente non fu dotata della potestà legislativa. Questa sarebbe spettata ai successivi parlamenti, ma nella Costituzione fu inserito un organo, la Corte Costituzionale , che avrebbe dovuto giudicare della conformità alla Costituzione delle leggi ordinarie e se del caso farle decadere .La sua effettiva istituzione fu conseguita nel 1955 dopo aspre battaglie in cui Calamandrei e i suoi amici furono in prima fila..
Per Barile, come per Calamandrei ,la Costituzione , l’attuazione dei suoi diritti di libertà ma anche dei diritti sociali che aveva sancito, costituiva il vero programma politico per cui battersi.
Curioso il fatto che Barile non volle mai entrare nella Corte Costituzionale, la creatura per la quale si era tenacemente battuto. Ma via via negli anni diventò egli stesso in qualche modo un’autorità giurisdizionale di fatto. Vari Presidenti della Repubblica lo hanno consultato per chiedergli consiglio su come condurre le crisi di governo o come comportarsi in momenti salienti della vita delle istituzioni. Per la verità era una disponibilità la sua che si sviluppò verso le istituzioni a tutti i loro livelli. Anche la Tavola Valdese, espressione della piccola ma combattiva minoranza protestante, lo ebbe tra i suoi legali a proposito dell’attuazione del nuovo concordato in tema di istruzione religiosa cattolica obbligatoria.
Un elemento molto moderno del suo impegno e della sua concezione fu l’attivo interesse per i problemi dell’informazione e della rai-tv. Come viene sottolineato nel saggio di Cannone, per Barile la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di informazione erano un tutt’uno: non erano due diritti separati.
Il coronamento della milizia politica e intellettuale di Paolo Barile fu la partecipazione al governo Ciampi (1993-1994). Una partecipazione che fu necessitata dal subitaneo abbandono della compagine governativa da parte dei postcomunisti del Pds e che fu motivata dalla profonda amicizia con lo statista livornese. Entrambi ex azionisti, erano legati da un rapporto particolarmente fraterno. Ciampi era ricorso a Barile anche nel periodo in cui era capo dell’Ufficio Studi della Banca d’Italia. E così toccò in un certo senso a Barile chiudere simbolicamente la porta della vicenda della Prima Repubblica. Il governo Ciampi aveva terminato il suo corso (così volevano gli accordi presi dai principali partiti politici di allora) con le elezioni del 27 e 28 Marzo 1994, vinte dal Polo delle Libertà. Ma il governo Berlusconi che ne scaturì, si insediò solo il 10 Maggio successivo. Nel mezzo ci fu la manifestazione nazionale del 25 aprile, celebrata in effetti, come ricorda giustamente Cannone, il giorno 27 aprile 1994 alla presenza del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Eravamo. Barile ed io, ancora ministri in carica per il disbrigo degli affari correnti, e ci stringevamo in un certo senso intorno a Scalfaro, unico pilastro del precedente equilibrio politico, che si apprestava a condurre una sorta di coabitazione alla francese.
Proprio per la se de in cui viene pubblicata questa recensione, ricorderò che Il 16 aprile precedente lo schieramento di Berlusconi aveva bocciato per un voto la candidatura istituzionale alla Presidenza del Senato di Giovanni Spadolini, dimostrando così la sua chiusura e la sua autoreferenzialità.
Il discorso di Paolo Barile di quel 27 aprile 1994 festa della Liberazione fu magistrale e costituì in quel momento così difficile un prezioso riferimento un punto di appoggio, di speranza nonostante tutto per l’avvenire. E così è tuttora, oggi, per tutti la considerazione della sua opera e della sua vita, del messaggio che ci lascia La necessità di norme e di istituzioni che reggano la società italiana in modo da garantirne e i diritti dei suoi cittadini e il ruolo determinante che la Costituzione può giocare in questo campo, in particolare quando purtroppo si faranno sentire tutte le conseguenze e economiche e sociali della drammatica pandemia del Covid19 che ci è toccato vivere
Valdo Spini
Direttore dei Quaderni del Circolo Rosselli
[1] La stessa notazione l’ho sentita fare a Carlo Azeglio Ciampi. Quanto al giudice Antonino Caponnetto, quando si candidò per la Rete di Leoluca Orlando nel 1992, ebbe a ricordare addirittura che l’unico partito per cui aveva votato in precedenza era stato il Partito d’Azione!
[2] M. Franzinelli, Storia della Repubblica Sociale Italiana, Roma, Laterza 2020.pag.375.
[3] Cfr. V. Spini, Per una storia del socialismo liberale a Firenze, Firenze, Litografia Ip 1991, ripubblicato e aggiornato col titolo , Per una storia del socialismo liberale. Il ruolo di Firenze, in “Quaderni del Circolo Rosselli” n.3-4/2020, Alinea Ed. Firenze pp. 59-88.